Declino d’Italia

demogrGentile Direttore,

che cosa proverebbero i tifosi della nazionale di calcio se la squadra retrocedesse dal primo posto in classifica al duecentocinquantaseiesimo? Come minimo chiederebbero il licenziamento dell’allenatore. E se invece una retrocessione analoga riguardasse il popolo italiano? Permettiamoci alcune brevi considerazioni di una banalità quasi irritante, che potrebbe forse indurre a giudicarle come “naìf”. Non dimentichiamoci però che giudicare con eccessiva sufficienza, specialmente ciò che può sembrare troppo semplice per essere credibile, a volte può portare sfortuna. Consideriamo una popolazione il cui indice di fecondità sia pari alla metà di quello che consente una “crescita zero”. Ciò si verifica quando in media ogni coppia genera un unico figlio. E’ questo il caso dell’Italia.

Ad ogni generazione la popolazione si dimezza. Nell’arco di quattro generazioni, cioè in un secolo o poco più, tale popolazione è destinata a ridursi a 1/16 di quella d’origine. Una popolazione nella quale invece ogni coppia genera quattro figli, come nella realtà avviene in molte aree geografiche (in alcuni Paesi il numero medio di figli è anche di 7-8 o più), viene a raddoppiare a ogni generazione e dopo quattro generazioni si ritrova ad essere 16 volte più numerosa di quella d’origine. Se ora facciamo il rapporto numerico tra la prima popolazione e la seconda dopo quattro generazioni, ci accorgiamo di essere passati da un 1:1 iniziale a un 1:256 (cioè 1/16:16) finale. Tale cambiamento si sarà verificato nell’arco di circa un secolo. La realtà può non discostarsi molto dalle ipotesi.

Appena due generazioni fa, nel 1960, l’intero continente africano contava 284 milioni di abitanti, mentre oggi supera il miliardo. Se la natalità si mantenesse su questi stessi ritmi (popolazione quadruplicata in mezzo secolo), tra un altro mezzo secolo l’aumento rispetto al 1960 si attesterebbe proprio vicino alle 16 volte. Dal 1960 ad oggi la popolazione italiana sarebbe passata dai 60 ai 240 milioni se la natalità fosse stata paragonabile a quella africana. La popolazione dell’Iraq è aumentata di circa 25 volte nell’arco di un secolo e qualcosa di analogo si è verificato in molti altri Paesi emergenti.

Tra “Paesi ricchi”, attualmente in forte decremento demografico (con l’Italia al primo posto strameritato), e “Paesi emergenti” in cui è in atto un’esplosione demografica, non ha alcun senso una competizione finalizzata a mantenere inalterati i rapporti numerici, che, oltre a non essere possibile, non troverebbe alcuna giustificazione razionale e farebbe “scoppiare” il pianeta. Non possiamo però farci travolgere dallo tsunami demografico. Una politica demografica globale dovrebbe avere lo stesso obiettivo per tutti: la stabilità numerica nel tempo, cioè la “crescita zero”. Solo in questo modo sarà possibile raggiungere un certo grado di benessere a livello mondiale e mantenere in equilibrio il sistema. Nessun tentativo viene però fatto in tal senso, né dai governi dei Paesi in cui è in atto l’esplosione demografica, né da parte dei governi dei Paesi più ricchi, che non ritengono di dover dare aiuti ai primi.

Se tentare una politica globale è difficile, come già si è visto anche per altri problemi che investono l’intera umanità, come quelli relativi all’inquinamento del pianeta (anch’esso comunque legato all’andamento demografico), forse è meno difficile imbastire un discorso politico in casa propria per limitare i danni, presenti e futuri. A parte il preoccupante rapporto numerico, diciamo così, “extra moenia”, la denatalità in Italia ha prodotto anche un formidabile problema “intra moenia”, consistente in un pauroso squilibrio tra le varie fasce d’età della popolazione, con pochi giovani che dovranno mantenere non solo sé stessi e le proprie famiglie, ma anche la nutrita popolazione anziana. La vedo molto dura.

La situazione sarebbe meno critica se si fosse attuata una politica demografica tempestiva, il che significa alcuni decenni fa. Nonostante tutte le evidenze circa la necessità di una politica demografica sia globale, sia interna al nostro Paese, nulla è stato mai né discusso, né tentato. Se la colpa per la mancanza di una politica demografica a livello globale non può ovviamente essere solo italiana, quella per la mancanza di una politica demografica interna è però tutta e solo nostra. Se ci fossimo prefissi un obiettivo di “crescita zero” già molti anni fa, forse non avremmo avuto un crollo così impressionante delle nascite e un bilancio demografico così negativo. I risultati di una politica inesistente si vedono tutti e si vedranno ancora di più col passare degli anni, mentre con i politici che ci rappresentano non è dato intravedere all’orizzonte alcuna possibilità diversa da quella di una serena estinzione.

Con i più distinti e cordiali saluti.

Omar Valentiniù

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One thought on “Declino d’Italia

  1. Caro Omar Valentiniu’ i (distinti e cordiali saluti).. sono vicendevoli. 😉

    Chi resta si goda la Emma Bonino che dichiara: “L’Europa avrà bisogno di 50 milioni di immigrati entro il 2050″

    ESTINZIONE?. Sembra ben pianificata e da lungo tempo.

    Chiarissimo Il piano Kalergi: il genocidio dei popoli europei:
    L’immigrazione di massa è un fenomeno le cui cause sono tutt’oggi abilmente celate dal Sistema e che la propaganda multietnica si sforza falsamente di rappresentare come inevitabile.

    Nel 1922 fonda a Vienna il movimento “Paneuropa” che mira all’instaurazione di un Nuovo Ordine Mondiale basato su una Federazione di Nazioni guidata dagli Stati Uniti.
    L’unificazione europea avrebbe costituito il primo passo verso un unico —–>Governo Mondiale.

    Se ne parla anche nella civilissima e ormai islamica Londra.
    AMMISSIONE DI UN LABURISTA INGLESE: IMMIGRAZIONE DI MASSA VERSO UK, PROGETTATA A TAVOLINO PER RENDERE DIFFICILE AI BRITANNICI TROVARE LAVORO

    Dunque restare e combattere una “guerra” persa?
    Lavorare produrre e impegnarsi per vedere i propri figli scavalcati a tavolino dai nuovi IMPOSTI padroni?

    No cari ex-compatrioti.
    Meglio allora “terra bruciata”.

    Lasciare solo macerie. Case abbandonate come le terre.
    Aziende chiuse, fame e disperazione in onore alla DECRESCITA FELICE tanto desiderata e ormai tangibile.

    Meglio partire, anzi SCAPPARE col poco che resta, di capitali e competenze.

    Non e’ vigliaccheria, rispetto al (resta e combatti).
    Anzi e’ una scelta coraggiosa.

    Nessuno si sognerebbe di appellare come (vigliacchi) i sovietici che bruciarono le loro case piuttosto che consegnarle ai tedeschi invasori.

    Importante e’ per me riuscire a (riprodurmi) o almeno a morire lontano da questa non piu’ (mia) terra e da questa (loro) “UE” .

    Con i complimenti e i più distinti quanto cordiali saluti..
    ..a chi parlando di cultura ha disintegrato un popolo.

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