Israele: la guerra all’Iran costerebbe cara, ma anche la pace

20 AGO – Il costo della guerra con l’Iran e quello della pace. La questione è all’ordine del giorno in Israele, dove da mesi si moltiplicano le voci su un prossimo conflitto con Teheran. Ma se prima il fulcro del dibattito era capire se lo Stato ebraico avrebbe attaccato, ora le speculazioni sembrano concentrarsi sul costo di un’eventuale guerra.

«La guerra con l’Iran potrebbe costare 42 miliardi di dollari» titola oggi il sito di Arutz Sheva, network vicino alla destra religiosa israeliana. Il dato è ripreso da uno studio del Business Development Institute (Bdi) di New York, che ha basato la propria stima sull’analisi dei costi del secondo conflitto israelo-libanese (oltre un mese di guerra nel 2006).

«Le conseguenze di un attacco all’Iran sono difficili da prevedere – scrive invece il Globes, autorevole testata economica -, tuttavia non c’è dubbio che inciderebbero sostanzialmente sull’economia nazionale per un certo periodo di tempo». Già ora, del resto, «lo spettro della guerra aleggia come una nuvola nera sul mercato israeliano».

Ma se fare la guerra costerebbe caro, anche la pace ha il suo prezzo, come fa notare Yarom Ariav, ex direttore generale del ministero dell’Economia, considerato un esperto in materia di spese militari. «Se Israele non attaccasse e l’Iran diventasse una potenza nucleare – ha dichiarato Ariav al quotidiano Haaretz -, il contraccolpo economico sarebbe considerevole: il nostro rating peggiorerebbe e dovremmo aumentare di molto il budget per la difesa e la sicurezza nazionale». Al netto di considerazioni di altro genere (strategiche, etiche, etc), appare dunque molto complicato capire quale dei due scenari sarebbe il meno oneroso.

Ma anche l’incertezza si paga: «Il clima attuale è un deterrente per chi vuole investire nel Paese», scrive oggi il sito d’informazione Ynet. Ne fa le spese persino il settore immobiliare – una gallina dalle uova d’oro negli ultimi anni – che nella prima metà del 2012 ha registrato «un dimezzamento degli investimenti stranieri rispetto all’anno precedente».

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