Crosetto (Pdl) sul fiscal compact: Requiem per l’Italia – Vivamente consigliato

Votazione del 19/07/2012 alla Camera dei deputati sul Fiscal Compact: intervento di Guido Crosetto.

Ho ascoltato con rispetto gli interventi che mi hanno preceduto, soprattutto quelli dell’onorevole Frattini, dell’onorevole Pistelli e dell’onorevole Buttiglione. All’onorevole Pistelli voglio dire che sottoscrivo il 95 per cento del suo intervento, ma è fuori tema. Onorevole Pistelli, lei ha parlato di politica europea, non ha parlato del provvedimento.

Qui stiamo discutendo di una cosa che si chiama fiscal compact. Qui stiamo discutendo di un impegno per vent’anni, che il prossimo anno vale quasi 50 miliardi di euro. Ho posto una domanda al Ministro Grilli, mi ha detto che mi avrebbe risposto bilateralmente.

Dove troveremo i 70 miliardi di euro (50 per il fiscal compact e 20 per l’ESM) il prossimo anno? Tutti noi, applicando a noi stessi i discorsi che stiamo facendo, capiremmo la necessità di definire con il direttore di banca il rientro da un debito che non riusciamo più a sopportare. Nessuno di noi accetterebbe nel privato, però, di delegare al direttore di banca il modo con cui rientrare, di dargli il potere di decidere di non dare più cibo ai nostri figli o di non fare più curare nostra moglie. Lo considereremmo, se fosse un impegno privato, una cosa inaccettabile; se lo prendiamo come Stato, lo consideriamo accettabile e doveroso.

L’Italia, approvando questi Trattati, sta rinunciando alla sovranità. In Germania ne stanno discutendo da due mesi, interpellano la Corte costituzionale; in Olanda e in Francia i giornali nelle prime pagine parlano del tema. In Italia non una pagina di giornale, non una notizia, un dibattito chiuso in due giorni, un Ministro che dà quattro minuti per gruppo a tre Commissioni riunite (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e di deputati del gruppo Popolo della Libertà). Questo è un atto fondamentale: negli ultimi 15 anni non ci sono atti di rilevanza approvati dalle Camere pari all’ESM e al fiscal compact.

Mi limiterò al fiscal compact: stiamo prendendo un impegno per le prossime generazioni, un impegno che oggi sappiamo che non potrà essere rispettato. L’idea del fiscal compact nasce con un’Europa che pensava di crescere al 3 per cento e con un’inflazione al 3 per cento; nasce con l’idea di recuperare macroeconomicamente l’impegno che veniva preso. Invece, esso viene ribadito oggi, con un’Europa che pensa di non crescere il prossimo anno, con un’inflazione ferma e con una stagnazione in quasi tutti i Paesi. È difficile accettarlo, soprattutto senza che sia stato sviluppato un dibattito, che si siano confrontate idee. Non si può accettarlo a scatola chiusa

Tutti vogliamo stare in Europa, tutti sappiamo che la salvezza è l’Europa, ma oggi non si può scegliere questo strumento ad occhi chiusi, senza avere la possibilità di modificarlo (anche se approviamo ordini del giorno, non lo si può modificare) perché approviamo un Trattato che è immodificabile. Dovremo poi accedere al regolamento, ma il Trattato, le linee che approveremo oggi, sono immodificabili. Questo atto approvato da questa Camera, oggi, segnerà il futuro dei nostri figli: personalmente non penso di potermi prendere questa responsabilità e voterò contro (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania, Italia dei Valori e di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

L’intervento di Antonio Martino

Signor Presidente, non posso votare questo provvedimento, che reputo inaccettabile. Colleghe e colleghi, da sempre i liberali hanno ritenuto il principio del pareggio di bilancio una regola essenziale di trasparenza nella gestione della cosa pubblica. A quella regola, Marco Minghetti, dopo aver annunciato il raggiunto pareggio di bilancio il 16 marzo del 1876, sacrificò l’esistenza della sua parte politica, perché due giorni dopo, il 18 marzo, la Destra politica venne spezzata vita dalla storia d’Italia.

Luigi Einaudi volle che il principio del pareggio di bilancio – e lo volle insieme ad Ezio Vanoni – venisse incluso della nostra Costituzione all’articolo 81. Ma il pareggio di bilancio è cosa sacrosanta quando la spesa pubblica è inferiore al 10 per cento, com’era al tempo di Minghetti, quando la spesa pubblica è intorno al 30 per cento, come era al tempo di Einaudi, ma è una regola insensata quando la spesa pubblica supera il 50 per cento del reddito nazionale.

A breve tempo, con le cadenze imposte dal fiscal compact, non potremo raggiungere quell’obiettivo con quelle riforme che modifichino gli entitlements, quelle spese che, a legislazione invariata, non possono essere controllate. Tenteremo, quindi, di raggiungerlo aumentando ulteriormente la pressione fiscale (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà). Le nostre imprese – lo ha sostenuto il presidente di Confindustria – già sopportano il 62,2 per cento di oneri tributari e contributivi, contro il 45,5 per cento della media europea. A che livello vogliamo portare la pressione sulle imprese, all’80-90 per cento? E il contribuente medio dovrà versare il 52 per cento allo Stato? E quelli sopra alla media quanto dovranno versare?

Questo provvedimento significa un trasferimento di sovranità in materia di bilancio. Il bilancio non è una delle tante attività dello Stato; il bilancio è il centro dell’attività economica dello Stato (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà e dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Noi rinunziamo alla sovranità nazionale a favore di chi? Dove sono gli Stati Uniti d’Europa a favore dei quali dovremmo rinunciare alla sovranità nazionale?
Ma è poi necessario rinunciare alla sovranità nazionale in materia di bilancio, perché abbiamo un’unica moneta? No: gli Stati Uniti hanno un’unica moneta. I cinquanta Stati usano il dollaro, ma ogni Stato è libero di compiere le sue scelte in materia di bilancio e ne sopporta le conseguenze. Anche le Contee sono libere di compiere le loro scelte in materia di bilancio e ne supportano le conseguenze e la FED non è mai intervenuta per salvare uno Stato o una Contea, né è intervenuto mai il Governo federale.

Colleghe e colleghi, Benedetto XV sosteneva che la prova dell’origine divina della Chiesa è data dal fatto che i chierici non sono ancora riusciti a distruggerla. La prova della bontà dell’ideale europeo è data dal fatto che gli eurosauri e gli euroentusiasti non sono ancora riusciti a screditarla.

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