“Tutti per l’Italia”, ma con Alfano.

MILANO, 3 Mar – Giovedì sera. Mentre i leader del Ppe lasciavano la sala, ognuno diretto verso l’aeroporto di Bruxelles, Silvio Berlusconi incrocia Pier Ferdinando Casini. Gli sorride, gli stringe la mano, quasi gli fa una carezza: “Questa cosa della grande coalizione è importante”; e Casini: “Altroché se è importante, sei stato bravo”; e il Cavaliere: “Vieni in aereo con me, torniamo insieme a Roma e ne parliamo”; e il capo dell’Udc: “Adesso non posso, ho da fare. Ma tanto parlo con Alfano tutti i giorni”. A quel punto il volto di Berlusconi, da gioviale che era, si è fatto scuro (il capo del Pdl sono io) e Casini, che qualche minuto dopo leggerà in agenzia dell’ormai famoso “quid” che secondo il Cavaliere mancherebbe ad Alfano per essere un vero leader, in quell’istante si convince di avere fatto una piccola gaffe. Persino di avere provocato (ma non è stato così) la dichiarazione – poi smentita – da Berlusconi.

Difficile ricostruire le ragioni del (vero o presunto) malanimo. Tuttavia qualche traccia c’è, come spiega l’ex sottosegretario berlusconiano Andrea Augello: “I risultati di un recente sondaggio presentati durante l’ultima puntata di ‘Ballarò’ dimostrano che Alfano ha un discreto ‘quid’ nella percezione dei nostri elettori”. Nel sondaggio in questione, commissionato da Giovanni Floris (in buoni rapporti con Alfano), il segretario del Pdl era secondo soltanto aMonti (e sopra Berlusconi). Al Cavaliere la cosa non è sfuggita, malgrado Berlusconi sappia benissimo che l’unica mano tesa che Casini potrebbe voler afferrare non è la sua, ma proprio quella di Alfano. Il segretario gli serve, dunque. Tanto più se l’idea del grande cartello elettorale dei moderati (con Casini e Fini), “Tutti per l’Italia”, ha sfondato nel Pdl (“vogliamo costruire questo grande soggetto politico moderato e riformista”, dice Fabrizio Cicchitto), e anche nelle fasce più indipendenti del Terzo polo. “Tutti per l’Italia? Ci sto tutta la vita”, dice Gianfranco Micciché.

Il complesso delle dichiarazioni di Berlusconi
(su Alfano e sulla grande coalizione con Pd e Udc), insieme alla rivelazione del Foglio intorno all’idea di un grande cartello elettorale con Pier Ferdinando Casini e Gianfranco Fini, giovedì sera avevano provocato parecchi svenimenti (metafora) nelle file del Pdl. Al Cavaliere sono arrivate decine di telefonate, alcune molto nervose. Si è assistito persino, in certe conversazioni private, nei tanti capannelli che compongono il Pdl, a promesse più o meno colorite di rivolta e ammutinamento tutte confluite poi nella corale solidarietà del partito (in certi casi obbligata) nei confronti di Alfano. Ma, pur nella confusione dei sentimenti, nel Pdl agitato sanno bene che le parole del Cavaliere su Alfano ben poco si legano alla questione del cartello elettorale per il 2013.
“Io penso soltanto che non si possa sciogliere il Pdl così, al buio”, dice Fabrizio Cicchitto. E il capogruppo alla Camera rivela una storia molto interessante: “Di ‘Tutti per l’Italia’, cioè della grande casa comune dei moderati, al nostro interno se ne parla da tempo. Ma bisogna ingranare nel momento giusto, la politica dipende anche molto da quando (e come) si fanno certe scelte. Tutti noi vogliamo un rassemblement che conservi il bipolarismo e che abbia una leadership aperta, cioè contendibile anche per Casini. E’ ovvio che sia la soluzione, il punto di arrivo necessario”, spiega Cicchitto. In particolar modo se – come in tanti pensano – alla fine, malgrado gli sforzi, la riforma elettorale non dovesse vedere la luce: l’attuale sistema infatti premia (e costringe) alle coalizioni. Ma, aggiunge Cicchitto, “in questa operazione complessa è indispensabile il ruolo di Alfano, del nostro segretario” tanto più se Casini ha lanciato e ripetuto un solo nettissimo messaggio: con Berlusconi mai.

“Se Casini sospettasse minimamente che questa operazione possa finire con il dare ossigeno a Berlusconi non la farebbe (e infatti ho paura che non ci starà)”, dice invece Daniela Santanchè. “E’ chiaro che siamo ‘Tutti per l’Italia’, ed è evidente che sia l’unica cosa da fare. Ma temo (sospetto) che Casini abbia altro in mente. Lui aspetta le elezioni amministrative, aspetta il 20 maggio, il giorno dei ballottaggi”.

Ovvero il leader dell’Udc aspetta
– questo il retropensiero – di poter contrattare meglio, da un punto di maggior forza, con Alfano (e Berlusconi): quando il Pdl avrà subìto una flessione elettorale. Possibile. A meno che il meccanismo delle liste civiche (alle quali il Pdl si è ormai convertito) non funzioni abbastanza da “alterare” il risultato e la percezione politica del voto. “Ma che si debba unire e ricostruire la casa dei moderati è evidente”, conclude Santanchè. Che spiega, maliziosa: “Basta leggere Repubblica per convincersene. Sono sgomenti, preoccupatissimi da questa storia, dall’ipotesi della grande coalizione e dal sostegno che diamo e vogliamo continuare a dare al governo di Monti”. Come ha detto anche Berlusconi (applaudito da Casini, il quale ha sempre sostenuto che “il discrimine sulle alleanze per noi è il sostegno al governo tecnico”): fino e oltre il 2013. Un qualche peso l’avranno, indirettamente, anche le primarie del Pd a Palermo. Se dovesse vincere Rita Borsellino (si vota oggi), è quasi certo che Pdl, Udc e Fli siglino definitivamente quel patto di alleanza rimasto ancora in sospeso dopo che Alfano aveva incontrato in gran segreto Fini il 23 gennaio scorso. Tutti per Massimo Costa sindaco, il primo passo verso “Tutti per l’Italia”.

© – FOGLIO QUOTIDIANO

di Salvatore Merlo

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