Monarchie del Golfo: 100 miliardi di dollari per rafforzare capacita’ militare

DUBAI – Mentre l’Iran e’ impegnato a verificare – e dimostrare – le proprie potenzialita’ belliche con esercitazioni missilistiche e navali in corso nelle acque del Golfo Persico, le monarchie del petrolio sull’altra sponda hanno appena concluso con gli Stati Uniti contratti da 35 miliardi di dollari per rafforzare le loro capacita’ militari.

L’Arabia Saudita ha siglato un accordo da 30 miliardi dollari per l’acquisto di 84 nuovi cacciabombardieri F-15, per l’upgradind di altri 70 gia’ in possesso della sua Royal Air Force e per 178 nuovi elicotteri: 72 Black Hawks, 70 Apaches, 36 Little Birds.

Gli Emirati Arabi Uniti hanno finalizzato l’acquisto di due unita’ del sistema antimissilistico Thaad – 96 missili compresi – per un valore di 3,5 miliardi di dollari. E’ la prima vendita effettuata all’estero del sofisticato sistema di difesa, ha sottolineato il Pentagono, che ha inoltre confermato la vendita di 209 missili Patriot per 900 milioni di dollari al Kuwait.

La spesa dei tre paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo (Ccg) ammonta ad un terzo del totale stimato (100 miliardi) per le sei nazioni del blocco entro il 2015. Il solo regno saudita ha firmato un piano decennale da 60 miliardi di dollari approvato l’anno scorso dal Congresso americano.

L’armamento della regione, in continuo crescendo sia con sostanziali acquisti esteri sia con l’avvio di una produzione locale di veicoli blindati leggeri e di navi, ha subito un’accellerata nell’ultimi anni di pari passo con la crescita delle ambizioni nucleari dell’Iran.

Le monarchie del Golfo, tuttavia, hanno sempre negato un nesso diretto tra i due fatti e difeso il diritto della Repubblica islamica di sviluppare un programma nuclere per usi civili.

La mai nascosta rivalita’ tra le due potenze che si contendono l’egemonia della regione, Arabia Saudita (sunnita) e Iran (sciita), si e’ particolarmente inasprita lo scorso autunno dopo la rivelazione dello sventato piano iraniano di assassinare l’ambasciatore saudita a Washington. Una crisi giunta sulle gia’ tese relazioni in seguito alla sollevazione popolare del Bahrein, unico paese a maggioranza sciita ma governato da una dinastia sunnita, sulla scia della Primavera araba.

Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejjad, sotto la pressione delle sempre piu’ stringenti sanzioni imposte dalla comunita’ internazionali e’ tornato in questi giorni a minacciare la chiusura dello stretto di Hormuz per il quale transita circa il 40% del greggio mondiale: un’azione intollerabile sia per le economie occidentali, sia per quelle arabe regionali che derivano dalla produzione di petrolio la maggior parte delle loro ricchezza. (ANSAmed)

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