Minacce al Giudice del Tribunale di Modena: scorta e auto blindata

Il procuratore capo Vito Zincani: «È il primo episodio del genere in città. Ha tutta l’aria di un avvertimento mafioso»

È stata assegnata la scorta al giudice bolognese in servizio al tribunale di Modena che l’altro giorno è stato vittima di minacce con metodi mafiosi: sangue sulla porta di casa, sui muri e sul pianerottolo.

A decidere che il giudice sia prelevato ogni mattina dalla scorta con auto blindata nella sua casa bolognese, accompagnato fino al posto di lavoro, quindi prelevato dal Tribunale e riaccompagnato a Bologna, è stato il ministero dopo una riunione, convocata d’urgenza, del Comitato per la
sicurezza e l’ordine pubblico del capoluogo. In prefettura a Bologna, il Prefetto stesso e i rappresentanti delle forze dell’ordine e dell’amministrazione, valutato l’episodio hanno deciso di attribuire all’accaduto il massimo livello di pericolosità e per questo hanno inoltrato l’immediata richiesta al ministero, sollecitando una altrettanto immediata attribuzione della scorta per l’incolumità del giudice. Verrà anche sorvegliata la sua abitazione, mentre le indagini sono già state avviate dalle forze dell’ordine bolognesi che stanno cercando di risalire all’autore del gesto, che secondo alcuni sarebbe da ricollegare – anche se l’interessato smentisce fermamente – all’attività del giudice stesso.

In effetti il giudice è nel collegio giudicante del Tribunale di Modena che si occupa di un processo a carico di esponenti vicini o affiliati alla ’ndrangheta, la potente mafia calabrese. Ma stando a chi ha istruito questo procedimento, la procura, sarebbe da escludere un collegamento tra il
gesto intimidatorio e il procedimento in corso. A sottolinearlo è il capo della procura, Vito Zincani, che spiega: «L’episodio intimidatorio non ha per ora trovato riscontri nell’attività del giudice e sarebbe da considerare una minaccia fine a sè stessa, non fosse che ha tutti i connotati dell’avvertimento mafioso. È chiaro che se un episodio del genere fosse accaduto in Sicilia, come in Campania o Calabria, avrebbe una propria dimensione, con una matrice ben collocabile e individuabile. Da noi, nel nostro territorio, invece un episodio del genere non è mai accaduto, da qui la necessità di leggerlo in modo diverso. Intendo – prosegue Zincani – che al gesto è necessario dare un significato, diciamo così, linguistico, in quanto ha tutti i connotati della minaccia mafiosa». Proprio per quanto spiegato dal procuratore capo di Modena e per il fatto che nella nostra giurisdizione non si sono mai registrati
“avvertimenti” come quello toccato al giudice del tribunale di Modena, gli uffici centrali di Roma, sulla base delle osservazioni contenute nel documento inviato al ministero e redatto dal prefetto di Bologna, al termine del Comitato per la sicurezza e l’ordine pubblico convocato d’urgenza a seguito dell’episodio, hanno deciso di conferire la scorta al giudice. Quest’ultimo, anche ieri mattina, ha minimizzato quanto gli è accaduto, non riuscendo tuttavia a nascondere un certo più che comprensibile turbamento. «Ma sinceramente – ha ribadito – non ho assolutamente motivo di pensare che sia una atto intimidatorio legato al mio lavoro o inerente alla mia vita privata o alla mia famiglia».

 

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