Politica del consenso. Aumentare le tasse e non tagliare le spese

di Claudio Romiti

Dopo qualche giorno di recupero, i mercati azionari hanno ripreso a scendere. Nonostante il ridicolo tentativo di bloccare la speculazione al ribasso, il cosiddetto short selling, con un provvedimento temporaneo relativo ai titoli finanziari, anche le piazze europee hanno subìto ulteriori rovesci.
Evidentemente, ciò dimostra che il problema va ben oltre le tanto bistrattate vendite allo scoperto e che le risposte che la politica occidentale sta dando alla crisi sembrano peggiorare il nervosismo dei medesimi mercati. Risposte le quali, come nel caso del recente vertice franco-tedesco, sembrano andare verso una chiara direzione: più Stato e più tasse.

Ovvero esattamente gli ingredienti che per molti liberali, attualmente ben rappresentati dai movimenti del Tea party, costituiscono la causa antica di questa crisi. Ma i governi, in cui il nostro spicca per furore tassaiolo, rispondono ai gravi sintomi di un male profondo col metodo Mitridate, storico re uso ad assumere piccole dosi di veleno per rendersene immune.

E dunque, visto che l’eccesso di spesa pubblica e di imposte non è per essi contenibile, i rappresentanti di queste striscianti democrazie socialisteggianti ritengono di “vaccinare” i relativi sistemi iniettando ulteriori, massicce dosi di veleno. Solo che la cura da cavallo che stanno somministrando ai loro pazienti è tale da portare il malato a morte certa.

Ma presi come sono dalla paura di perdere il consenso di tutti quei numerosi ceti che prosperano grazie alla politica del deficit-spending, i politicanti occidentali – almeno una buona parte – ritengono più conveniente prosciugare ogni riserva produttiva piuttosto che affamare la “bestia” pubblica.
Noi non siamo certo da meno, anzi. Sul piano della spesa pubblica improduttiva probabilmente ci troviamo all’avanguardia nel mondo. Eppure il governo, coadiuvato in questo da una sinistra totalmente demagogica ed irresponsabile, si affanna a cercare ogni spiraglio per poter raschiare senza pietà il fondo di un barile oramai consunto.

Qualunque ipotesi di nuove entrate viene, in questi giorni di passione, perseguita con la massima attenzione. Ogni possibilità di aumentare il prelievo viene passata al vaglio di una classe politica che sembra aver perso il senso della realtà. Proprio quel senso della realtà che i mercati finanziari stanno invece drammaticamente ricordando a tutti, sottolineando il timore di una valanga recessiva a seguito, guarda caso, di una strategia di riassetto dei conti pubblici troppo orientata sul lato delle imposte.
In soldoni, gli investitori di mezzo mondo, compresi i “biechi speculatori”, stanno esprimendo la fondata eventualità che invece di qualche sforbiciata, la politica del consenso finisca per tagliare il ramo su cui tutti siamo seduti. Noi lo abbiamo compreso, ma i cervelloni che albergano nelle varie stanze dei bottoni? Per ora non sembra proprio.

Claudio Romiti

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