Chiama la Boldrini “signor Presidente”, scatta l’ira antisessista alla Camera

Il femminismo ostinato è un problema. Offusca la vista, e anche a notte fonda ti fa essere polemica quando non ce n’è alcun motivo.

Stanotte (ieri) la Camera dei Deputati era impegnata nell’analisi e votazione della Legge di Stabilità. Una lunga maratona, in cui i parlmanentari parlano, dicono la loro, fanno ragionamenti complessi e portano avanti un’agonia infinita.

Può capitare, quindi, che alle 1.30 di notte gli onorevoli siano stanchi. E l’errore può sfuggire. O anche solo una leggerezza. Roberto Simonetti, deputato leghista, prima di iniziare l’intervento si è rivolto a Laura Boldrini al maschile. Apriti cielo. “Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Simonetti – ha detto al microfono la Boldrini – Ne ha facoltà”. “Grazie, signor Presidente”.

Boldrini contro il leghista: “Lei allora è una deputata”

Qui è scoppiata la bagarre. La presedente della Camera non è riuscita a trattenersi. Il femminismo è femminismo sempre. Anche la notte non sente ragioni. E così ha acceso il microfono e ha “strillato”: “Signora!”. Ma lui insiste: “Signor presidente”. Lei imperterrita: “No, no, signora, perché io non sono un uomo”. Poi aggiunge: “Se io sono il signor Presidente, se lei è deputata”.

Nulla poteva fermarla. “Se io sono signore lei è una deputata” è la risposta piccata degna di una adolescete. Non di una carica istituzionale. Ma non c’è niente da fare, l’orgoglio ideologico tira brutti scherzi.

P.s.: Abbiamo usato il femminile (quasi) sempre, signor presidente, non si arrabbi anche con noi.

Giuseppe De Lorenzo il Giornale

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