La desertificazione industriale del Sud e della Sicilia

indus23 lug – Le vacanze estive sembrano fatte apposta per le riflessioni sui mali endemici che affliggono il nostro meridione. Guardando i soliti giornali online a cui faccio riferimento, ho trovato degli ottimi servizi. Uno fra tutti quello di Daniele Quinto su Lanuovabq.it: “La desertificazione industriale. Il Sud cola a picco tra assistenzialismo e criminalità” e poi altri due interventi interessanti da Siciliainformazione.com.Tutti sono concordi nel ribadire che il meridione è al collasso economico. Anche se non bisogna mai dimenticare trattando questi argomenti che il Sud, l’attuale Meridione, prima dell’UnitĂ  d’Italia non era una questione, non era povero come oggi, ma questo è un altro discorso che abbiamo affrontato in altre occasioni.

L’editorialista de La Nuova Bussola fa parlare i numeri ripresi dal rapporto Svimez, che sarĂ  diffuso nei prossimi giorni.

Negli ultimi dieci anni, nel Sud, c’è stato un calo industriale (nazionale e internazionale) quasi del 50%, mentre al Nord del 14,8%. Negli ultimi 4 anni la produzione industriale è diminuita del 22%, questo ha prodotto meno investimenti e aumento della disoccupazione (141 mila posti persi e 300 mila i senza lavoro e un tasso di disoccupazione dei giovani che sfiora il 50% . Tutto questo comporta il rischio della scomparsa dell’industria al Sud (quelle poche che resistevano). Sono numeri agghiaccianti, per quanto riguarda il futuro del Mezzogiorno.“Le cause? Si chiede Quinto. Tutte conosciute: la presenza di una burocrazia che è stata alimentata, nel corso dei decenni, dalla logica perversa del clientelismo; il costo del denaro piĂą alto rispetto al Nord; l’insicurezza di chi potrebbe investire, perchĂ© ampi territori del Sud sono dominati dalle organizzazioni criminali e dal loro rapporto con la pubblica amministrazione; la mancanza di infrastrutture; la scarsa qualitĂ  dei servizi; l’assenza di prospettive di governo di questa realtĂ  e via dicendo. Le conseguenze? La diffusione endemica della povertĂ , come ha documentato l’ISTAT, nella ricerca diffusa in questi giorni, in base alla quale un quarto dei poveri vive al Sud”. (Daniele Quinto, Il Sud cala a picco tra assistenzialismo e criminalitĂ , 19.7.13 Lanuovabq.it)

Gaetano Salvenimi nel secolo scorso per il riscatto del Sud, proponeva di responsabilizzare la classe politica e le popolazioni del Sud, invece di indulgere nei confronti del meridionalismo, che cerca di trarre “motivi di giustificazioni per l’assistenzialismo paternalistico ed il parassitismo”.

A distanza di un secolo la proposta è sempre la stessa. Intanto in questi decenni,“(…) l’assistenzialismo ha finito per deteriorare la qualitĂ  delle classi dirigenti meridionali, indebolendo la loro capacitĂ  di governo e la loro visione strategica, salvaguardata dalla certezza che a ripianare i disavanzi avrebbe provveduto lo Stato con i suoi interventi”. Sono stati anni dove ha trionfato la politica d’accatto, che ha fatto strame di un territorio, depredandolo delle sue risorse, intellettuali e umane e offrendogli solo miserevole assistenza, quando andava bene. Non uno straccio di proposta che affranchi questa parte d’Italia dalle sue miserie. Da parte di quella classe politica e imprenditoriale, che ha praticato, per sopravvivere a se stessa, un connubio strettissimo con la criminalitĂ , organizzata e no, che si spartisce posti di potere e di sottopotere in una girandola vergognosa di malversazioni e di corruzione, che ha fatto crescere nella societĂ  civile, divenuta connivente, la convinzione che tutto possa essere comprato. La vita, i bisogni, le speranze”. Pertanto, senza un buon governo, senza buona amministrazione e senza, soprattutto, assunzione di responsabilitĂ  della classe dirigente meridionale, nessuna politica a favore del Sud, quindi a favore del Paese, può avere successo. E soprattutto Quinto auspica una crescita culturale della popolazione meridionale per conseguire quell’identitĂ  perduta. Devono essere i popoli meridionali ad uscire dal degrado che li circonda, “Devono, acculturarsi, conoscere, formarsi, respirare aria pulita. Far crescere i loro figli, sin da bambini, nella necessitĂ  di accumulare sapere e saperi, di praticare le regole e i doveri, che sono l’essenza dell’esercizio della libertĂ . Come? Mettendosi “in gioco”, cercando di testimoniare la veritĂ  sulla vita a cui sono costretti, priva di decoro e di prospettive per le quali valga la pena essere al mondo. Ci vorranno generazioni? E’ possibile. L’alternativa è prendere atto che il territorio del Sud d’Italia è nella sua interezza estraneo ad una prospettiva di civiltà”.

S. Teresa di Riva ME, 21 luglio 2013     DOMENICO BONVEGNA

 

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