Fabbriche in crisi, in manovra una norma che favorisce le riconversioni belliche

sistemi di attacco

Un emendamento alla moanovra in corso di discussione apre le porte alla riconversione delle fabbriche in crisi, nel rispetto di esigenze che possono coincidere con gli impegni italiani per la produzione di armi. A presentarlo è stato un senatore di Forza Italia, Adriano Paroli. Dal testo, scandagliato dal Fatto quotidiano, si evince che i ministeri di Infrastrutture e Difesa, con un semplice decreto ministeriale, potrebbero individuare un’attività produttiva a carattere bellico di “interesse strategico per la difesa nazionale”, in riferimento a aree, opere e progetti infrastrutturali “finalizzati alla realizzazione, ampliamento, conversione, gestione e sviluppo delle capacità industriali della difesa“.

Un lasciapassare per l’industria bellica che rischia di prendere piede laddove le crisi di settore mettono in ginocchio le produzioni civili. Si entra quindi in un'”economia di guerra” giustificata dalla necessità di “tutelare gli interessi essenziali della sicurezza dello Stato e di rafforzare le capacità industriali della difesa riferite alla produzione e al commercio di armi, di materiale bellico e sistemi d’arma”.

Insomma i fondi pubblici verrebbero messi a disposizione per favorire queste riconversioni, sottraendoli inevitabilmente al welfare, leggasi sanità pubblica, scuole, strade e così via.
Il caso della fabbrica di armi tedesca del Sulcis

Nel breve periodo l’emendamento potrebbe trovare applicazione nel caso della Rwm di Domusnovas, nel Sulcis in Sardegna. Si tratta di una fabbrica di armamenti di proprietà del colosso tedesco Rheinmetall, al centro di una polemica per un progetto di ampliamento infrastrutturale in luoghi dove insistono vincoli ambientali e idrogeologici. Il caso della fabbrica specializzata nella progettazione e produzione di sistemi d’arma, munizioni, bombe d’aereo, mine marine e componenti esplosivi, ha coinvolto anche la giunta regionale guidata da Alessandra Todde che, chiamata dal Tar a decidere sulla Valutazione di impatto ambientale (Via), ha dovuto fare i conti con una parte della sua maggioranza, in particolare quella che fa capo a Avs, che ha minacciato di mettersi di traverso nel caso in cui la governatrice avesse dato parere positivo.

Ma lei ha preferito far decorrere i termini imposti dal Tribunale amministrativo, sostenendo che i tecnici regionali non hanno finito per tempo il loro esame e lanciando la palla la palla al ministero, favorevole all’ampliamento e che potrebbe ora nominare un commissario ad acta.

La fabbrica dei droni kamikaze

La norma ideata da Paroli faciliterebbe qualunque decisione in casi come questo. Basterebbe dichiarare l’opera strategica “per l’interesse nazionale” e il gioco è fatto. Ora resta da capire se l’emendamento – che per il momento è stato accantonato a seguito delle proteste delle opposizioni – verrà riesumato “nottetempo” nella speranza di farlo passare senza ostacoli.

Nel caso Rwm, chi difende l’ampliamento della fabbrica sottolinea il rischio per delle commesse già in itinere per la produzione di loitering munitions, “droni kamikaze” armati e capaci di restare in volo a lungo su un’area e colpire il bersaglio una volta individuato: sono proprio quei micidiali velivoli comandati a distanza protagonisti di uccisioni mirate a distanza di chilometri che abbiamo visto operare soprattutto nei teatri di guerra più drammatici di questi anni, in primis Gaza e Ucraina.
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