Un consulente per la tutela dei diritti Lgbtqia+. È questa l’ultima mossa con cui il sindaco di Genova Silvia Salis punta a conquistare una buona fetta dell’elettorato di Elly Schlein
di Francesco Curridori – Che dietro vi sia soltanto il desiderio di mantenere fede al suo programma elettorale oppure l’ambizione di scalzare la segretaria del Pd dal suo ruolo non è ancora chiaro. Di certo c’è che il Comune di Genova sta cercando un professionista esterno per “promuovere e favorire si legge nella determina dirigenziale – l’affermazione di una cultura del rispetto e della valorizzazione delle differenze di genere, rafforzando la tutela dei diritti delle persone Lgbtqia+ e la parità di trattamento in un’ottica di vera inclusione”.
Tra le linee programmatiche della giunta Salis, che si è subito affrettata a riconoscere i figli nati da coppie di donne omosessuali, non vi è soltanto il contrasto alle discriminazioni di genere, ma persino la piena volontà di promuovere l’inclusione Lgbtqia+ “anche come driver di sviluppo territoriale e del turismo locale“. Uno degli obiettivi, infatti, è quello di distribuire i flussi turistici su più periodi dell’anno per far diventare Genova una “meta per il turismo Lgbtqia+”.
Il consulente inizierà il suo incarico a partire dal primo gennaio 2026 e riceverà un compenso di 156 mila euro complessivi nell’arco di tre anni per svolgere un’attività di studio volta “alla realizzazione di servizi pubblici inclusivi, attenti alle necessità della comunità Lgbtqia+”. Dovrà , inoltre, predisporre “un regolamento per il riconoscimento dell’identità alias, al fine di garantire l’accesso a tutti i servizi senza alcuna discriminazione determinata dall’identità di genere”.
Ma non solo. L’esperto darà “supporto tecnico/legale” per “eliminare ogni forma di discriminazione basata sull’orientamento sessuale, sulla identità di genere, sulla espressione di genere”. Il consulente, tra le varie mansioni, sarà tenuto a ideare e realizzare “attività di sensibilizzazione sul territorio cittadino, in sinergia con le Associazioni e le realtà del territorio”, a riattivare R.E.A.D.Y., la Rete nazionale delle regioni e degli Enti locali “per prevenire e superare l’omobitransfobia” e, infine, a istituire “programmi di formazione sui diritti Lgbtqia+”.
Tra i requisiti, oltre alla laurea magistrale in Giurisprudenza e all’abilitazione da avvocato iscritto all’albo da almeno 36 mesi, si richiede una “comprovata esperienza lavorativa di almeno 36 mesi, anche non continuativi sulle tematiche Lgbtqia+” e una “esperienza di consulenza legale presso Associazioni e Aziende in tema di tutela dei diritti Lgbtqia+”.
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