Può costare carissimo scegliere la privacy, eliminando il proprio nome dal citofono o dalla cassetta postale
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 24745/2025) ha stabilito che chi non rende riconoscibile la propria abitazione diventa, di fatto, “irreperibile” per l’amministrazione finanziaria. Con una conseguenza devastante: notifiche fiscali valide anche senza consegna diretta e la porta spalancata a ipoteche e pignoramenti.
Il caso che ha fatto scuola
La decisione nasce dal ricorso di una contribuente che si era vista iscrivere un’ipoteca per cartelle esattoriali mai ricevute. La donna sosteneva di non aver avuto alcuna comunicazione: aveva cambiato abitazione, ma lasciando la residenza anagrafica al vecchio indirizzo. Proprio lì, il messo notificatore si era recato due volte, senza trovare né il nome sul citofono né quello sulla cassetta postale. Risultato: la notifica è stata considerata valida, malgrado l’assenza della destinataria.
La mano dura degli ermellini
Per la Suprema Corte, non conta il certificato di residenza se gli accertamenti del notificatore dimostrano che il contribuente non è concretamente rintracciabile. Le risultanze anagrafiche, infatti, hanno solo un valore presuntivo e possono essere superate dai fatti. Una presa di posizione che rafforza il ruolo del pubblico ufficiale e riduce lo spazio di difesa per i cittadini.
Un monito per tutti
La sentenza rappresenta un campanello d’allarme: non basta essere registrati all’anagrafe, serve rendersi concretamente reperibili. Un dettaglio apparentemente banale come il nome sul citofono può fare la differenza tra ricevere una notifica fiscale e ritrovarsi con ipoteche o pignoramenti senza più possibilità di difesa. In pratica, un piccolo gesto di privacy può trasformarsi in una vera e propria trappola fiscale a orologeria.
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