È stato trovato senza vita nella sua cella del carcere di Messina Stefano Argentino, il 27enne accusato dell’omicidio di Sara Campanella, uccisa a coltellate lo scorso 31 marzo
Argentino, che in un primo momento si trovava in regime di alta sorveglianza, era stato successivamente trasferito in una cella comune con altri due detenuti. Secondo quanto riferito, aveva ripreso a mangiare dopo un periodo di digiuno volontario. Ma il malessere interiore, evidentemente, non si era mai placato.
Argentino era stato arrestato dopo aver confessato l’omicidio di Sara Campanella, avvenuto in pieno giorno in una strada di Messina. La ragazza, studentessa dell’università di Messina, era stata colpita alle spalle con almeno quattro, forse cinque coltellate tra schiena e collo, secondo quanto emerso dall’autopsia. Il 27enne, originario di Noto, l’aveva affrontata per strada e l’aveva accoltellata in seguito a una discussione, per poi fuggire a bordo della sua auto. Fermato quella stessa notte dai carabinieri nella sua città natale, aveva confessato l’omicidio durante l’udienza di convalida del fermo, senza però fornire spiegazioni chiare sulle motivazioni.
Secondo il racconto del legale Raffaele Leone, che lo aveva assistito in quella fase iniziale, Argentino aveva mostrato un interesse non ricambiato per la giovane e aveva immaginato un sentimento reciproco. I comportamenti persecutori, messi in atto da Argentino nei confronti della sua vittima, sarebbero quindi degenerati in vera e propria violenza omicida. “Tutto è degenerato dopo una discussione”, aveva dichiarato l’avvocato ai giornalisti, sottolineando lo stato di prostrazione dell’indagato.
I segnali del malessere psichico e la perizia psichiatrica richiesta
Il suicidio arriva dopo mesi in cui il giovane aveva manifestato segnali evidenti di profondo disagio psichico. Nei giorni successivi all’arresto, i legali avevano descritto un ragazzo “molto provato, sotto shock, chiuso e introverso”. Era stato proprio il suo avvocato, Stefano Andolina, a dichiarare all’Adnkronos che il detenuto “non mangiava, non beveva e insisteva nel dire di voler morire”.
Le sue condizioni psicologiche avevano anche convinto la difesa a richiedere una perizia psichiatrica all’indomani. Una mossa che avrebbe potuto incidere significativamente sulla valutazione giudiziaria della sua imputabilità e che aveva creato non poche polemiche.
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