Il mito dell’immigrazione: disastro economico per la Gran Bretagna

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Sam Ashworth-Hayes smonta il mito che l’immigrazione sia il “linfa vitale” della Gran Bretagna, un’idea ripetuta da politici come David Bull di Reform

Storicamente, la popolazione britannica è stata stabile fino al dopoguerra: nel 1951, i non bianchi erano solo lo 0,07%, oggi sono il 20% e potrebbero superare il 50% entro il 2100. Ma questa trasformazione non è stata un successo, bensì il risultato di errori politici.

Il punto centrale è che la politica migratoria britannica degli ultimi 70 anni è stata un susseguirsi di blunders. Dal 1948, con l’arrivo della Empire Windrush, il Nationality Act ha aperto le porte a milioni, ma solo il 4-10% degli immigrati lavorava per l’NHS, smentendo la narrazione di una necessità vitale. Le “carenze di manodopera” sono state costruite ad arte, ignorando le conseguenze sociali. Negli anni ’60, il governo ha frenato i flussi per il malcontento popolare. New Labour ha poi liberalizzato i confini, e Boris Johnson ha aperto ulteriormente le frontiere post-Brexit, sempre per presunte esigenze economiche.

Il risultato? Le famiglie nere e asiatiche ricevono più benefici di quanto paghino in tasse, e l’immigrazione è un peso per l’economia. Reform non dovrebbe avallare questa narrativa, che giustifica errori politici e dipinge il Regno Unito come una “nazione di immigrati” alla statunitense. La Gran Bretagna deve smettere di ripetere gli stessi sbagli, o il danno sarà irreparabile.
(The Daily Telegraph, Sam Ashworth-Hayes, 12 giugno 2025, 09:53)
https://x.com/giuslit/status/1933070306270134660

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