Viganò: “Deep state e deep church all’origine della rovina incombente”

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“Dov’è la “missionarietà” della chiesa del Vaticano II? Dov’è la “primavera conciliare” che aprendo le porte al mondo avrebbe fatto rinascere la Chiesa dopo l’oscurantismo postridentino? Nella loro smania di conformarsi alle istanze del secolo i fautori della rivoluzione conciliare e sinodale sono diventati superflui.

Nella sfera civile ci dicono che il globalismo richiede sacrifici e che dobbiamo rinunciare alla nostra sovranità, impoverirci, mangiare insetti, essere controllati in tutti i nostri movimenti, subire la sostituzione etnica; in quella ecclesiastica ripetono lo stesso mantra: la nuova religione conciliare e sinodale impone di rinunciare all’esclusività del Vangelo per “riposizionarsi all’insegna del pluralismo”, ossia apostatare dalla Fede e rinunciare al combattimento cristiano, all’apostolato, alla predicazione, alla difesa dei principi cattolici.

Deep state e deep church dimostrano di essere all’origine della rovina incombente e pretendono che ci arrendiamo al nemico senza opporre resistenza. I fautori della dissoluzione, proprio come i loro complici globalisti, contemplano le macerie di sessant’anni di apostasia come se la rovina che li circonda non avesse nulla a che vedere con la loro azione eversiva.

Ma se non stupiscono le menzogne degli eversori che minano l’ordine sociale e religioso, diventa sempre più evidente la contraddizione di chi deplora gli effetti della rivoluzione in atto ma si rifiuta di identificarne i responsabili. Con sguardo miope costoro denunciano i quotidiani orrori della Gerarchia e dei governanti ma non esitano ad attaccare chi, nella vile latitanza dell’autorità, cerca come può di resistere. Questo atteggiamento schizofrenico – occorre riconoscerlo – è peggiore dell’azione del nemico dichiarato, è fuoco amico, è una pugnalata alle spalle.

«Nessuno può servire due padroni: perché, o amerà l’uno e odierà l’altro; oppure preferirà il primo e disprezzerà il secondo. Non potete servire Dio e mammona» (Mt 6, 24).”

Lo scrive su X monsignor Carlo Maria Viganò.

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