Il percorso di integrazione europea ha distrutto lo stato sociale

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IL PERCORSO DI INTEGRAZIONE EUROPEA HA DISTRUTTO LO STATO SOCIALE E NON È IRREVERSIBILE

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha dichiarato, nel messaggio inviato in occasione del Forum organizzato da “The European House”, che nessun Paese, neppure quelli maggiori per dimensioni e reddito, puó pensare ad un futuro separato dagli altri perchè l’Europa, pur con le lacune che accompagnano il percorso di integrazione europea, è il quadro entro il quale si costruisce il nostro avvenire.

Affermazioni contraddistinte da solita retorica filo/europeista che non prendono in considerazione come, in assenza di modifiche alle Costituzioni, proprio il modello economico dell’Unione Europea, soprattutto dopo il Trattato di Maastricht del 1992, ha comportato una sistematica distruzione di quello Stato sociale di Diritto (il c.d. “Welfare State”) che contraddistingueva (e sulla carta contraddistingue ancora oggi) i Testi costituzionali degli Stati membri, Italia inclusa.

L’entrata in vigore della moneta unica, il Patto di stabilità e crescita, le norme regolamentari per porre un freno alla crisi dei debiti sovrani etc. hanno contribuito ad una evoluzione delle forme di Stato in senso neo/liberista per cui gli ordinamenti statali, e le leggi di bilancio rappresentano la cartina di tornasole di questa graduale trasformazione, devono prima di tutto essere credibili sui mercati finanziari più che adottare politiche volte a dare attuazione al principio di eguaglianza sostanziale (di cui all’art. 3, comma 2, della Costituzione italiana) e, dunque, rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che precludono alla persona la effettiva e concreta partecipazione alla vita democratica.

Da entità esogena (si pensi allo Stato liberale quale “guardiano” del mercato) si è pervenuti a Stati che hanno assunto una dimensione endogena (Dardot, Laval), ossia sono divenuti veri e propri attori globali del mercato. Ecco, allora, che all’aspettativa del posto di lavoro è subentrata la flessibilità, ad una iniziativa economica che, seppur libera, non puó per Costituzione porsi in contrasto con l’utilità sociale (art. 41 Cost.), si è sostituita, grazie anche alla solita Corte costituzionale italiana appiatita (spesso) alla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (cfr. sentenza n. 14/2004 del nostro giudice delle leggi), un’idea di sviluppo economico/sociale in senso fortemente liberista (sul punto si rinvia agli eccellenti contributi della prof. ssa Fiammetta Salmoni) il cui intervento pubblico è finalizzato solo ed unicamente alla realizzazione di un mercato competitivo.

A questo si aggiunga che lo stesso percorso di integrazione europea non è irreversibile come sembra lasciare intendere Mattarella nel suo messaggio: l’ordinamento dell’Unione Europea, forse, appare essere più “sovranista dei sovranisti” laddove, all’art. 50 del TUE (Trattato sull’UE che fa parte del Trattato di Lisbona del 2007), contempla la facoltà di recesso volontaria ed unilaterale di uno Stato membro (come avvenuto in Gran Bretagna nel 2016 con la Brexit) dall’ordinamento comunitario conformemente alle proprie norme costituzionali.

Non guasterebbe, in conclusione, rileggere l’intuizione profetica del grande giurista palermitano Santi Romano (1875/1947), esponente della scuola istituzionalistica italiana, quando, nella sua opera “Oltre lo Stato”, ossia il testo della prolusione tenuta a Firenze nel 1917 presso l’Istituto di Scienze sociali “Cesare Alfieri”, affermó come “l’impulso divenuto più evidente e più forte durante l’ultima generazione di far sorgere, al posto delle cosiddette grandi potenze, alcuni imperi economici mondiali” ha come conseguenza ineludibile la fine dello Stato indipendente “perchè soltanto in un piccolo numero di centri si radunerebbe ogni effettiva sovranità”. Se questo è il nostro futuro…

Prof. Daniele Trabucco (Costituzionalista)

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