Africa a multinazionali del cacao: basta sfruttare i coltivatori o vi cacciamo

Africa cacao

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Niente cacao per chi non paga equamente i coltivatori. Ghana e Costa d’Avorio hanno iniziato una battaglia contro le grandi aziende occidentali accusate di sfruttare i lavoratori dei due Stati africani. Le due nazioni hanno dato un vero e proprio ultimatum e hanno scelto la data di domenica 20 novembre come scadenza ultima concessa alle multinazionali per impegnarsi a versare un premio supplementare per gli agricoltori di questi due Paesi, che sono i maggiori produttori di cacao al mondo. Se non lo faranno i programmi di Responsabilità sociale d’impresa (Rsi) delle aziende saranno banditi e agli acquirenti sarà vietato visitare i campi per effettuare previsioni sul raccolto.

Ghana e Costa d’Avorio producono oltre il 60% del cacao mondiale. La maggior parte è destinata all’Europa. Nonostante il florido mercato, la maggior parte dei loro agricoltori guadagna meno di 1 dollaro al giorno. Per far fronte a questa situazione, i due Stati si sono prima uniti formando una “Opec del cacao”, con riferimento all’Organizzazione che riunisce le aziende petrolifere, e hanno poi introdotto due premi sui loro semi di cacao a carico delle imprese trasformatrici. La reazione dei grandi produttori è stata ambivalente. In via ufficiale, i dirigenti hanno accolto l’iniziativa con entusiasmo, ma dietro le quinte hanno tentato in tutti i modi di evitare di pagare.

Il primo premio, noto come “differenziale di origine”, di fatto è stato pian piano azzerato e addirittura portato sotto lo zero negli ultimi anni a causa delle pressioni dei commercianti, annullando di conseguenza parte dell’altro premio, che ad esso era legato e che è noto come “differenziale di reddito vivo”, pari a 400 dollari per tonnellata. Stufi di questa situazione a luglio di quest’anno i due Paesi dell’Africa Occidentale hanno dichiarato che non avrebbero più venduto cacao a chi azzerava o addirittura a portava in negativo il primo premio, intensificando gli sforzi per affrontare la povertà dei coltivatori.

La Costa d’Avorio ha aumentato il suo differenziale di origine a zero in agosto, rispetto alle precedenti -125 sterline per tonnellata (circa 143 euro). Per forzare la mano, il mese scorso i governi africani hanno deciso di boicottare la conferenza della World Cocoa Foundation. Ciò nonostante le aziende si sono rifiutate ancora una volta di impegnarsi a pagare il premio. Conseguenza: all’inizio di questo mese Ghana e Costa d’Avorio hanno minacciato di bandire gli acquirenti dalle piantagioni e di interrompere i programmi di Responsabilità sociale d’impresa. La scadenza è fissata al 20 novembre.

Le big del cioccolato hanno detto di essere abituate ad altre strategie. Ai vincoli stringenti preferiscono le “buone azioni” su base volontaria. Tendono cioè ad impegnarsi in generici progetti pilota, che spesso non hanno seguito, anziché accettare clausole contrattuali e norme specifiche. La multinazionale statunitense Mondelez, che possiede Côte d’Or e Toblerone, di recente si è impegnata a stanziare 600 milioni di dollari fino al 2030 per affrontare questioni ambientali e sociali in paesi come il Ghana e la Costa d’Avorio. Se da un lato queste iniziative volontarie sono applaudite dai consumatori dei Paesi occidentali, secondo le Organizzazione non governative l’impatto non è così efficace nei Paesi produttori.

I report delle Ong testimoniano che in questi anni i programmi di Responsabilità d’impresa avrebbero fallito sia nel migliorare le condizioni dei coltivatori sia nel rendere più sostenibili le catene di approvvigionamento del cacao, tuttora caratterizzate da deforestazione e lavoro minorile. Da qui la spinta per modificare i rapporti di forza sul piano contrattuale: costringere le aziende a pagare ai coltivatori un reddito equo potrebbe essere l’unico modo per rendere il cioccolato sostenibile dal punto di vista ambientale e sociale.  www.agrifoodtoday.it

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