Il caso Palamara non smette di regalare colpi di scena. Il csm è nel caos, è scoppiata una guerra senza quartiere tra toghe, che si accusano a vicenda. Aperta un’inchiesta per un plico anonimo fatto circolare contenente documenti riservati. Per un anno, da aprile del 2020 fino a qualche settimana fa, – si legge su Repubblica – mani diverse veicolavano all’interno dello stesso Csm, e anche alle redazioni dei giornali, atti riservati di indagine (coperti da segreto istruttorio) in grado di esercitare una forza di intimidazione e ricatto sugli organi istituzionali: l’allora presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, i vertici di alcuni uffici giudiziari e dei più importanti apparati istituzionali del Paese.
Quel materiale sono le confessioni, di uno degli uomini neri dello scandalo che nell’estate del 2019 ha travolto pezzi di potere giudiziario e politico italiano: l’avvocato siciliano Piero Amara. È lui che ha riempito almeno sette verbali, a fine del 2019, davanti ai pm di Milano raccontando fatti – alcuni veri, altri verosimili ma anche vicende incredibili – al momento assolutamente non riscontrati.
Decine di pagine nelle quali fa nomi di altissimi magistrati, politici, organi istituzionali riuniti in una loggia segreta: Ungheria. E accusa l’allora premier Conte di aver avuto consulenze d’oro e vantaggi, dal gruppo, quando era soltanto un autorevole avvocato civilista. «Solo calunnie, di cui chiederò conto in ogni sede» ha risposto l’ex presidente.
La vicenda resta nefli uffici del Csm
Quando il procuratore Di Matteo, riceve il plico – prosegue Repubblica – accompagnato da una lunga lettera anonima nella quale si denuncia il presunto immobilismo della magistratura sull’argomento, l’ex pm di Palermo lo mostra per primo a un collega, Sebastiano Ardita. E lo fa perché, come si è detto, in un verbale Amara cita espressamente Ardita. La cosa sembrerebbe restare, per lo meno fino a quel momento, negli uffici del Csm.
Fina a quando, nel marzo scorso, lo stesso Di Matteo informa il procuratore di Perugia, Raffaele Cantone, di aver ricevuto quello strano plico. Glielo dice in occasione dell’audizione di Cantone al Consiglio, quando è chiamato a parlare della vicenda Palamara. Ricevuta l’informazione, Cantone immediatamente si mette in contatto con il vertice della procura romana Michele Prestipino. Dopo le denunce la Guardia di Finanza si muove e identifica quella che ritengono essere il corvo: la funzionaria Contrafatto, che è stata iscritta nel registro degli indagati. affaritaliani.it