Cure Covid, linee guida Usa: c’è il plasma convalescente di De Donno

plasma convalescente

di Antonio Amorosi – Da qualche giorno sono state pubblicate le nuove linee guida Usa per provare a curare il Covid 19. L’atto è a cura del National Institutes of Health, l’agenzia preposta a questi interventi dal Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani degli Stati Uniti. E tra le terapie in uso c’è il plasma convalescente che per essere efficace, ricordiamolo, deve avere un numero determinato di anticorpi. E’ un lungo elenco di specifiche quello pubblicato dal sito governativo che interviene su vari farmaci in uso e che ovviamente prevede sempre l’intervento medico.

Tra i farmaci c’è la Colchicina. “Il gruppo di esperti scientifici” è “contro l’uso della Colchicina nei pazienti ospedalizzati, tranne che in uno studio clinico”. “Sulla base dei risultati di un ampio studio randomizzato controllato con placebo in pazienti ambulatoriali con Covid-19, il gruppo di esperti scientifici ha stabilito che non ci sono dati sufficienti per raccomandare a favore o contro l’uso della Colchicina in pazienti non ospedalizzati con Covid-19”. Ma vale il principio iniziale (contro).

Poi c’è la Fluvoxamina. Anche qui non ci sono dati sufficienti per raccomandare a favore o contro l’uso di Fluvoxamina”. Quindi si può usare.

Poi ci sono gli inibitori dell’interleuchina-6 (con particolare attenzione a Tocilizumab). Gli esperti americani sostengono che il Tocilizumab vada usato in combinazione con il Desametasone e in alcuni pazienti ospedalizzati che mostrano un rapido scompenso respiratorio a causa di Covid-19.

A farne un utilizzo positivo fu l’anno scorso l’oncologo Paolo Ascierto, ricercatore dell’ospedale Pascale di Napoli, tra i primi a provare l’utilità del farmaco contro il coronavirus.

Si possono usare in emergenza anche gli Anticorpi monoclonali anti-Sars-CoV-2.

Il plasma convalescente

Stesso discorso per il trattamento di alcuni pazienti ospedalizzati con Plasma convalescente (compresi quelli che hanno un’immunità umorale ridotta) e in pazienti non ospedalizzati con Covid-19. “Una nuova tabella di dati clinici riassume i risultati di diversi studi clinici randomizzati e studi di coorte retrospettivi sull’uso di plasma convalescente in pazienti colpiti dal Covid”.

Fece molto scalpore un anno fa che gli Ospedali di Pavia e Mantova non avessero morti da un mese, durante il periodo più duro della pandemia, grazie all’uso del plasma convalescente che con esami aggiuntivi e il titolo neutralizzante degli anticorpi veniva sviluppato solo a Pavia, il cosiddetto Plasma iperimmune.

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Diversi studi clinici in corso e in fase di sviluppo stanno invece valutando l’uso possibile del Remdesivir.

Le line guide Usa seguono poi una profilassi dedicati ai tipi di malati.

Si scrive che le persone che in trattamento per il cancro possono essere maggiormente a rischio di Covid-19 grave e gli esiti clinici sono generalmente peggiori nelle persone con cancro rispetto alle persone senza cancro.

Il rischio di immunosoppressione e suscettibilità all’infezione da Sars-CoV-2 varia però tra i tipi di cancro, i trattamenti somministrati e le fasi della terapia. In uno studio che ha utilizzato i dati del Covid-19 e del Cancer Consortium Registry, i pazienti oncologici in remissione o che non avevano evidenza di malattia avevano un rischio di morte inferiore a causa di Covid-19, rispetto a quelli che stavano ricevendo un trattamento attivo. Al tempo stesso non è chiaro se i sopravvissuti al cancro abbiano un rischio maggiore di contrarre il Covid-19 grave e le sue complicanze rispetto alle persone senza una storia di cancro. Per loro può essere utilizzato anche, in fase diversa ovviamente dall’infezione, il vaccino. Comunque è opportuno per ogni farmaco utilizzato che i medici valutino soprattutto i rischi di effetti combinati sui pazienti.

Altro discorso vale per i malati di HIV. In uno studio di coorte condotto a New York, le persone con HIV e Covid-19 avevano tassi di ospedalizzazione e mortalità più elevati rispetto alle persone con Covid-19 che non avevano l’HIV. Un secondo studio spiega che con l’HIV in remissione i rischi di restano alti, non cambiano, sarebbero comunque gli stessi.

Infine i bambini. Si conferma che l’infezione da Sars-CoV-2 è generalmente più lieve nei bambini che negli adulti e una percentuale sostanziale di bambini che ha contratto la malattia ha un’infezione asintomatica. Anche la trasmissione diretta di Sars-CoV-2 dai bambini è molto limitata se non rara.

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