Dimissioni di Benedetto XVI, forti dubbi dell’avvocato Taormina

Avvocato Taormina e Benedetto XVI

di Andrea Cionci – L’avv. Carlo Taormina, giurista e professore ordinario di Procedura Penale all’Università di “Tor Vergata”, commenta la questione sollevata dal testo giuridico “Benedict XVI: pope emeritus?” dell’avvocatessa colombiana Estefania Acosta*. Il volume afferma, sulla pista già segnata da Antonio Socci nel 2018 con il libro-inchiesta “Il segreto di Benedetto XVI”, (Rizzoli), che l’unico papa è ancora e solo Ratzinger il quale, di fatto, non si è mai dimesso con la sua “Declaratio”, tanto da conservare nome, titolo, veste bianca, benedizione apostolica, residenza in Vaticano. Siccome “il papa è solo uno”, come ripete lo stesso Benedetto, il papa è ancora lui e, conseguentemente, Bergoglio è un antipapa.

Rileva il prof. Taormina, (che già aveva espresso alcune perplessità sul pontificato di Francesco): “La situazione prospettata dall’avvocatessa Acosta – come da altri giornalisti e studiosi prima di lei –  e la collana di fatti ricostruita su Libero impongono sicuramente un’indagine più approfondita sui documenti e un confronto fra canonisti nelle opportune sedi ecclesiastiche.

Sin dal momento della «scelta» (presunte dimissioni n.d.r.) fu affermato, presso le più accreditate posizioni curiali, che Ratzinger stava realizzando una situazione che, sul piano delle volontà Petrine, lo manteneva su quello che gli spettava (restare papa n.d.r.) , lasciando ad altri la mera materialità del potere (funzioni pratiche-“ministerium” n.d.r.)”. 

Come sostiene la tesi dell’avv. Acosta, oltre a essere “invalide le dimissioni”, quindi, è  soprattutto invalido il modo con cui taluni ecclesiastici hanno voluto interpretare come “DIMISSIONI DA PAPA”, una libera, consapevole (ma invalida) dichiarazione  di  “RINUNCIA DEL PAPA A DUE FUNZIONI PRATICHE”: un “inganno” studiato da Ratzinger per gabbare la “Mafia di San Gallo” (la lobby di cardinali modernisti a lui ostile), ma allo stesso tempo un auto-inganno dei modernisti che ha prodotto la loro abusiva appropriazione della sede di Pietro. Resta che quel documento, secondo Acosta e altri, letto come “dimissioni”, giuridicamente, non sta in piedi.

Per semplificare, sarebbe come se l‘anziano proprietario di una villa dichiarasse: “Siccome comincio a soffrire il freddo, rinuncio ad andare nella mia villa nei mesi invernali”.

I suoi vicini interpretano quella dichiarazione come “abbandono della villa e rinuncia alla proprietà” e la occupano. Il mite e indifeso proprietario lascia fare, ma ogni tanto ricorda: il proprietario è uno solo (io), nell’attesa che qualcuno cacci gli abusivi.

Benedetto avrebbe scelto, così, di non reagire, di non accusare apertamente Bergoglio di essere un antipapa: per questo usa un linguaggio velato, sottilmente logico, ma con cui ripete “il papa sono io” in attesa che il clero lo capisca e che prema il “bottone rosso” dichiarando l’invalidità delle sue presunte dimissioni e, conseguentemente, della chiesa di Bergoglio.

Conferma l’avv. Taormina: “Colpisce, infatti, l’ambivalenza continua e studiata, nell’arco di otto anni, attribuita alle dichiarazioni di Ratzinger che, nella sostanza, pare ribadire sempre la stessa cosa, ovvero che il papa è lui, Benedetto, e non altri”.

E’ assodato, in effetti, come gli unici pronunciamenti di Benedetto presentati dai media come inequivocabilmente a favore di un legittimo papa Francesco non siano mai fonte diretta e “certificata” di Ratzinger, ma sempre, immancabilmente  titoli di giornali, ricostruzioni giornalistiche su  “relata refero”, citazioni di altre persone che dicono di “aver sentito” quelle sue parole, o di “averle lette” in missive mai presentate in originale.

Considerata la precisione chirurgica del linguaggio di Ratzinger, si renderebbe, a questo punto, indispensabile esaminare gli originali di tali documenti.

In un personaggio del rigore letterario e scientifico di Benedetto  – conferma l’avv. Taormina – una affermazione così tagliente (“il papa è solo uno” n.d.r.) non può che intendersi nel senso della volontà di lanciare un messaggio preciso ed ineludibile, per cui Bergoglio non è al posto suo”.

E se “non è al posto suo”, Francesco è un antipapa, quindi finché non si chiarisce la questione nessun papa dopo di lui sarà il vero papa e la vera Chiesa cattolica sarebbe finita.  

Proprio le forzature della narrativa mainstream – continua Taormina – che vuole a tutti i costi far dichiarare a Benedetto XVI che il papa è Francesco, costituiscono un elemento che aggrava ulteriormente il quadro nel senso di rendere, viceversa, sempre più plausibile la ricostruzione del cosiddetto “Reset cattolico”. Del resto, questa stranissima situazione di contemporaneità dei due papi, ha accumulato una quantità di dubbi la cui risoluzione non è più differibile. Inoltre, l’accurato evitamento della questione – dimissioni da parte dei media e del Vaticano aggiunge un elemento che dovrebbe allarmare ancor più”.

In sintesi: Ratzinger avrebbe scritto liberamente e consapevolmente una Dichiarazione per delegare le funzioni più faticose proprie del suo incarico (a cardinali o vescovi, presumibilmente) ma che, essendo invalida, di fatto NON rendeva la sede vacante. Sono stati altri a interpretare abusivamente come “valide dimissioni da papa” quel documento che non lo è, o che è troppo ambiguo per essere considerato valido

Si profilerebbe quindi la strada proposta da Sergio Russo e Rosanna Iacobacci nel libro “Cuori chiusi, cieli aperti”:  Non c’è un papa da deporre, ma un cardinale (antipapa) da rimuovere e, semmai, bisognerebbe finalmente scegliere uno, o più vicari, tra vescovi e cardinali, da affiancare al papa Benedetto per l’espletamento di due funzioni pratiche a cui lui voleva rinunciare: governare la barca di Pietro e annunciare il Vangelo.

Alcuni lettori si perderanno un poco in tale questione, ma del resto, se, come si ipotizza, si tratta di un trucco sottile elaborato da uno dei più importanti intellettuali della contemporaneità, per evitare un golpe da parte di astuti e determinatissimi cardinali, come pretendere di capirlo su due piedi, a una prima lettura?

Il lettore dovrà leggere e rileggere con calma per capire. Ecco perché fare chiarezza nelle sedi opportune sarebbe tanto di guadagnato per tutti.

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*Articolo su Libero (cartaceo) di sabato 11/3/2021

Un libro rimette Ratzinger sul soglio

E’ appena uscito il primo testo giuridico che conferma: il papa è uno solo, Benedetto XVI, in quanto la Declaratio di dimissioni è stata da lui costruita in modo giuridicamente invalido.

L’avvocatessa colombiana Estefania Acosta, autrice di “Benedict XVI: pope emeritus?“ spiega come la Declaratio sia stata preparata con cura da Ratzinger in modo che, sulle prime, non si notasse che non si stava affatto dimettendo. Gli errori di latino avrebbero poi attirato l’attenzione anche sul meccanismo giuridico auto-invalidante.

Non essendo giuristi dobbiamo rimanere ai dati di cronaca oggettivi, come gli ambigui comportamenti di Benedetto stigmatizzati dal card. Pell: egli veste ancora di bianco (giustificandosi col dire che “non ha più talari nere nell’armadio”), risiede in Vaticano, mantiene il nome, la benedizione apostolica e, da otto anni, ripete – sibillino – che “il papa è uno solo”, senza mai specificare quale.

Ci hanno provato a farglielo dire, nel 2019, quando Vatican News titolò: “Per Benedetto il papa è uno, Francesco”, citando (un giorno prima) un’intervista di Massimo Franco sul Corriere. Ma il virgolettato era di Franco, non di Benedetto. Una svista?

La Acosta, nelle sue 300 pagine, analizza anche altre questioni, come le dichiarazioni del cardinale Danneels, primate del Belgio e membro della “Mafia di San Gallo” che, nell’autobiografia andata a ruba e mai smentita dal Vaticano, dichiarava che la stessa lobby di cardinali modernisti mirava a far dimettere Ratzinger avendo come campione Bergoglio. Roba da scomunica automatica, secondo la costituzione Universi Dominici Gregis promanata da Wojtyla nel ’96.

Ma per la Acosta, dirimente è solo la Declaratio: «Attenzione, le dimissioni non sono invalide perché Benedetto è stato “forzato”: egli ha agito consapevolmente, sapeva che non si stava dimettendo dall’ESSERE il Papa (cedendo il munus petrino), ma semplicemente dichiarava di rinunciare al FARE il papa (il ministerium), a svolgerne – solo alcune – azioni pratiche. Ciò invalida le sue dimissioni, poiché munus e ministerium, per il papa, sono INDIVISIBILI, come conferma (pur in difesa di Bergoglio)  il canonista Mons. Sciacca. Si spiega così l’ultima battuta di Ratzinger al Corriere: “Otto anni fa ho compiuto la mia scelta in piena consapevolezza e ho la coscienza a posto”. Il mainstream non ha capito».

Altro fatto strano: perché nelle versioni della Declaratio dal latino in italiano e altre lingue il Vaticano ha tradotto il munus sempre come ministerium? Perché essi sono indivisibili, o per celare la “trappola” di Benedetto? A “guadagnarci”, in entrambi i casi, è il Benedetto-stratega.

Ancora più strano come la gravissima questione venga evitata in modo surreale non solo dai vescovi, ma anche dai media laici. Eppure, l’hanno già denunciata giornalisti, teologi, latinisti.  Ora c’è finalmente un testo giuridico: si apra il dibattito.

Indifferenze, attacchi personali e accuse di complottismo, in reazione, avvalorerebbero la tesi per cui Benedetto, nel 2013, isolato e impotente, seguì tale strategia per lasciare che la “deep Church”, al servizio del mondialismo, si svelasse. “Ambiguo per non mentire”, avrebbe così mantenuto quanto da lui scritto nella Declaratio, anche se essa è giuridicamente invalida. Del resto, sotto attacco dall’interno, cosa avrebbe potuto fare per difendere la Chiesa? Solo usare la Logica e il Diritto canonico,  attendendo che i vescovi, “vedendo davvero” la Declaratio, uno ad uno, dicano semplicemente la verità: che l’unico papa è Benedetto. Il resto verrebbe da sé.

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