Cassazione: ok videochiamate per i boss al 41 bis

Di Antonio Amorosi – – Non bastano le dure critiche e la perdita nel tempo di almeno tre dirigenti in concomitanza con l’esplodere di vari casi giornalistici e giudiziari, (si è dimesso prima Andrea Nocera, ex capo dell’ufficio ispettorato del ministero della Giustizia, poi si è dimesso Fulvio Baldi, capo di Gabinetto, anche il capo del Dap Francesco Basentini ha lasciato i suoi uffici; gli ultimi due dirigenti in concomitanza dei casi “Palamara” e “scarcerazioni boss”), il ministro Alfonso Bonafede perde sul campo giurisprudenziale contro Salvatore Madonia. Il boss della mafia vince un’altra battaglia nella guerra al regime restrittivo del 41 bis. Ma grazie ad una circolare emanata dallo stesso Dap.

Il 30 a gennaio il Dap prevede la possibilità di usare videochiamate tramite Skype per facilitare le relazioni familiari dei detenuti e garantire le loro esigenze affettive. Una circolare del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria valuta positivamente l’esperienza dei progetti-pilota avviati in alcuni istituti e decide di estenderla su larga scala agli istituti di pena.

Madonia, detenuto nel carcere di Sassari e sottoposto al regime speciale, si è visto rigettare dalla Direzione Circondariale del carcere sardo l’autorizzazione a svolgere un colloquio in video collegamento con la moglie, sottoposta anche lei al carcere. Ma impugna la decisione e il Tribunale di Sorveglianza gli dà ragione, contrariamente alla stessa decisione della Cassazione, di circa un anno fa, che in soldoni negava ai detenuti del 41 bis il diritto a video conferenze e video colloqui, anche a mezzo Skype, perché non sicuri. Ma vista la nuova circolare…

Contro la decisione del Tribunale ricorre in Cassazione il Ministro della Giustizia, tramite l’Avvocatura generale dello Stato, facendo presente che il giudice non avrebbe considerato l’assenza di una normativa che individui i presupposti per il video collegamento per i detenuti in regime ordinario e speciale e che indichi le regole necessarie per il loro svolgimento, così come affermato dalla Cassazione nella sentenza n. 16557/2019. Le videoconferenze sarebbero consentite solo per la partecipazione alle udienze a distanza che devono sostenere i detenuti. Nel ricorso si sostiene anche che ‘Skype for business’, citata nella controversia, non è così sicura. Per il ministero poi la questione andrebbe rimessa ad altri enti visto il “contrasto giurisprudenziale in materia”.

Ma il Tribunale di Sorveglianza aveva ordinato all’Amministrazione penitenziaria di organizzarsi perché con gli strumenti tecnologici a disposizione il detenuto potesse avere i colloqui con la moglie, rispettando tutte le precauzioni necessarie previste per i detenuti al 41 bis.

Nella memoria di replica il difensore di Madonia smonta i ragionamenti del ministero .

La Cassazione gli dà ragione rigettando il ricorso perché infondato e scrive che “ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare…”, anche i boss. Tale diritto è stabilito della costituzionale negli articoli 29, 30 e 31 e nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo, e nell’articolo 8 sopra virgolettato. “Dunque, come già per i detenuti ordinari, anche per quelli sottoposti al regime differenziato, la legge penitenziaria e il relativo regolamento di esecuzione stabiliscono che i contatti con i familiari si realizzino secondo due modalità fondamentali: in presenza degli interlocutori o con il mezzo del telefono”…quando “i congiunti del detenuto si trovino nella impossibilità di effettuare i colloqui”.

Il boss, dopo avere ottenuto a luglio dalla Cassazione il riconoscimento del diritto alla lettura dei quotidiani, ora si vede riconosciuto il diritto ai colloqui in video in caso di impossibilità concreta dei parenti.

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