Su Instagram il mercato delle schiave per i Paesi arabi

SCHIAVE SU INSTAGRAM – UN’INCHIESTA DELLA BBC ARABA HA SCOPERTO UNA SERIE DI HASHTAG TRAMITE I QUALI LE DOMESTICHE VENGONO MESSE ALL’ASTA COME SCHIAVE DELL’OTTOCENTO – LO SCANDALO È NATO PER IL CASO DI UNA SEDICENNE DELLA GUINEA, MA SI È SCOPERTA UNA RETE MOLTO PIÙ VASTA: LE DOMESTICHE CONSEGNANO IL PASSAPORTO AL LORO PADRONE CHE PAGA UNA CAUZIONE ALLO STATO COME GARANZIA

Giordano Stabile per www.lastampa.it via Dagospia

Un hashtag su Instagram per “comprarsi” una domestica, dopo aver “visionato” le sue fotografie. E’ l’ultimo dettaglio dell’orrore nella condizione delle lavoratrici nei Paesi del Golfo. Senza leggi né controlli, dominato dal sistema medievale della kafala, questo settore del mercato del lavoro è un Far West dove le vittime sono sempre più spesso minorenni. Come Fatou, una sedicenne della Guinea, messa all’asta su Instagram allo stesso modo di una schiava dell’Ottocento. Lo scandalo è dopo una inchiesta di Bbc arabic, che ha scoperto un proliferare di hashtag denominati “maid for sales” o “maid for transfer”

La tivù britannica ha documentato il caso della sedicenne guineana ma è soltanto la punta dell’iceberg. Con il sistema della kafala le domestiche sono costrette a consegnare il passaporto al loro “sponsor”, il padrone, che paga una cauzione di migliaia di dollari allo Stato, come garanzia per il rimpatrio in caso di problemi. Senza diritti né possibilità di protestare, pena l’espulsione, le ragazze sono sottoposte a ogni tipo di abusi. Tre anni fa ha fatto scandalo il video girato a Kuwait City da una signora che riprendeva con il telefonino la propria domestica appesa al balcone nel tentativo di suicidarsi, senza aiutarla. I suicidi sono decine ogni anno in tutti i Paesi del Golfo.

L’intervento dell’Ilo ha spinto i governi a una maggiore attenzione, ma sono solo i primi passi. Anche per questo, dopo lo scandalo hashtag schiavisti, le autorità kuwaitiane hanno reagito e chiesto alle aziende di eliminare gli account incriminati. Instragram ha detto di essersi già mossa e che “impedirà la creazione di altri account di questo tipo”. Gli investigatori hanno precisato che le indagini potrebbero portare ad “arresti”, mentre secondo l’avvocato di Fatou, Kimberley Motley “chi ha sviluppato e permesso di utilizzare le app dovrebbe senz’altro risarcire” la ragazza, comprese Apple e Google.

 

“Su Apple Store dichiarano di essere responsabili per tutto ciò che è offerto – ha spiegato -. E allora ci chiediamo: che cosa significa essere responsabili?”. Motley ha anche chiesto una indagine penale nei confronti dei trafficanti che volevano vendere Fatou in Kuwait. Google e Apple hanno replicato che stanno lavorando con i creatori di app per evitare “ogni attività illegale” sulle loro piattaforme. Il caso di Fatou è destinato a diventare l’esempio di come le nuove tecnologie possono essere distorte a vantaggio di pratiche disumane.

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