La notizia dell’arresto di Cesare Battisti è uscita da poche ore e giĂ scoppia il caso: «L’Italia si è impegnata per garantire che non sarĂ applicato l’ergastolo all’ex terrorista», spiega l’ex direttore degli Affari di Giustizia del ministero, Raffaele Piccirillo, che seguì direttamente il caso quando ministro era Andrea Orlando.
Il no all’ergastolo sarebbe previsto dall’accordo, della cosiddetta ‘condizione accettata’, concluso il 5 e 6 ottobre del 2017, quando il ministro della giustizia era Orlando. Per cui a Battisti, una volta estradato, sarĂ applicata la pena massima di 30 anni». Questo perchĂ© in Brasile non c’è l’ergastolo, è vietato dalla Costituzione.
«L’autoritĂ che doveva concedere l’estradizione, ossia il Brasile, ha apposto la condizione legata all’ergastolo e il ministro della Giustizia l’ha accettata», afferma Piccirillo, spiegando che questo è legato all’asimmetria tra il sistema giudiziario brasiliano, che «non prevede l’ergastolo e anzi lo considera incostituzionale e quello italiano, dove invece l’ergastolo è formalmente ancora previsto», anche se di fatto non trova piĂą concreta applicazione. Senza questa intesa, il via libera all’estradizione, il cui iter era giĂ stato espletato, si sarebbe arenato.
«Trent’anni – aggiunge Piccirillo – sono il tetto sanzionatorio accettato dal Brasile e su cui c’è l’impegno». Un tetto che potrebbe essere rivisto al ribasso? «Sul piano tecnico – spiega il magistrato – si potrĂ valutare se Battisti può usufruire dei benefici penitenziari, come la liberazione anticipata prevista dall’articolo 4 bis dell’ordinamento penitenziario. Quest’articolo, però, è entrato in vigore dopo la condanna di Battisti, che in ogni caso potrĂ beneficiarne dopo aver scontato metĂ della pena, quindi ritengo non ci sia nulla di immediato, si parla di almeno 15 anni di tempo». www.ilmessaggero.it

