Grecia, Fyrom: svolta sulla questione denominativa macedone

di Nanni Radicini

Il 17 giugno, nell’area del lago Prespa, Grecia e Fyrom (Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia), nella persona dei rispettivi ministri degli Esteri – Nikos Kotzias e Nikola Dimitrov -, in presenza dei Primi Ministri Alexis Tsipras e Zoran Zaev, hanno firmato l’accordo per risolvere il confronto pluridecennale sulla denominazione condivisa dell’attuale Fyrom. E’ stato deciso che la denominazione sia “Repubblica della Macedonia del Nord”, da utilizzare a livello nazionale e internazionale.

La questione, incentrata sull’utilizzo del nome Macedonia da parte della Fyrom, ha avuto origine a seguito della implosione della Jugoslavia all’inizio degli anni ’90, quando un referendum svolto l’8 settembre del 1991 nell’allora Repubblica Socialista di Macedonia (una delle sei Repubbliche che componevano la Jugoslavia) ne sancì la indipendenza e la successiva costituzione in Repubblica di Macedonia. A tale denominazione si oppose la Grecia, determinandone la ammissione all’Onu nell’aprile 1993 con il nome statale provvisorio di Ex Repubblica Jugoslavia di Macedonia (Former Yugoslav Republic of Macedonia, acronimo: Fyrom). Considerando la Macedonia nella accezione storico-geografica, parti del suo territorio sono presenti oggi in Grecia, Fyrom, Bulgaria, Serbia, Albania. In Grecia vi sono tre regioni denominate Macedonia caratterizzate con specificità geografica: Macedonia Occidentale, Macedonia Centrale, Macedonia Orientale e Tracia.

L’opposizione della Grecia alla denominazione Repubblica di Macedonia fu determinata dalla valutazione che, in mancanza di specificazioni, potesse portare alla legittimazione per Skopje della appropriazione esclusiva del patrimonio storico e culturale della antica regione Macedone e in particolare del Regno di Macedonia, sviluppatosi dal IV secolo a.C da un’area – oggi in gran parte entro i confini dell’attuale Repubblica Ellenica – ampliata con il re Filippo II e suo figlio Alessandro Magno. Il 13 giugno è stato reso pubblico il testo completo (19 pagine) dell’accordo. In Grecia dovrà ottenere l’approvazione della maggioranza del Parlamento. Nella Fyrom, l’implementazione prevede la ratifica parlamentare, lo svolgimento di un referendum a settembre e una modifica della Costituzione nelle parti che la Grecia considera potenziale espressione di ambizioni irredentiste.

Il 14 giugno Kyriakos Mitsotakis, Presidente di ND Nuova Democrazia, ha annunciato la presentazione di una mozione di sfiducia nei confronti del governo presieduto da Alexis Tsipras, composto da Syriza Coalizione della Sinistra Radicale e Anel Greci Indipendenti. Mitsotakis ha valutato in modo particolarmente negativo l’accordo, sia perché stabilisce un qualificatore geografico (Macedonia del Nord) ritenuto immotivato sia perché, per la prima volta, un governo ellenico accetta di riconoscere una lingua e una etnia Macedone. In tal modo il qualificatore geografico varrà per la denominazione dello Stato ma i suoi abitanti potranno essere chiamati semplicemente Macedoni e la loro lingua sarà indicata come Macedone. Per il Presidente di ND il governo Tsipras ha determinato un fatto compiuto per il quale “la Grecia sta scivolando in un declino politico pericoloso”.

Kyriakos Mitsotakis aveva proposto che i termini dell’accordo fossero dibattuti nel Parlamento Ellenico prima della firma da parte dei Ministri degli Esteri di Grecia e Fyrom, anche a motivo della presa di posizione contraria all’accordo da parte di Panos Kammenos, Presidente di Anel, il qualche ha dichiarato la sua contrarietà – e del partito – all’utilizzo complessivo del nome Macedonia nella nuova denominazione della Fyrom. Il governo ha respinto la richiesta di Mitsotakis, il quale ha chiesto l’intervento di Prokopis Pavlopoulos – Presidente della Repubblica Ellenica. Il Presidente Pavlopoulos ha detto che la Grecia vuole relazioni di amicizia con la Fyrom e questo richiede un accordo compatibile con la Storia, con il diritto internazionale e l’acquis comunitario, in modo che non vi siano derive irredentiste.

Tsipras ha definito “irresponsabile” la posizione di Mitsotakis, il quale ha detto che il governo presieduto da Tsipras concluderà il proprio mandato nel modo in cui è iniziato, ovvero “con le bugie”. Mitsotakis ha specificato di considerare suo dovere opporsi all’accordo, utilizzando quanto previsto dalla Costituzione Ellenica. L’accordo è stato respinto anche da Mikis Theodorakis. Il celebre compositore musicale ellenico lo ha definito una “umiliazione nazionale” e ne ha contestato la ratifica poiché effettuata da un governo che (secondo le rilevazioni correnti) rappresenta circa il 20% dell’elettorato. Il governo ha risposta considerando tale posizione intollerante ed estremista.

Fofi Gennimata, presidente del Pasok Movimento Socialista Panellenico e di Kinal Movimento per il Cambiamento – coalizione di centrosinistra fondata a marzo 2018 – ha dichiarato la propria contrarietà all’accordo, poiché ritiene che tale accordo non determini una soluzione completa della questione denominativa tra Atene e Skopje, sebbene comprenda elementi positivi. Invece Stavros Theodorakis, Presidente del partito Il Fiume – aderente a Kinal -, durante il dibattito parlamentare sulle riforme previste per il completamento dal quarto piano di salvataggio (bailout), ha detto di essere favorevole all’accordo con Skopje, definendolo un primo passo necessario, anche per non fare aumentare la rilevanza della Turchia nell’area balcanica.

Contrario all’accordo Kostas Karamanlis, già Primo Ministro Ellenico (marzo 2004 – ottobre 2009), che ebbe modo di affrontare la questione denominativa macedone, con Dora Bakoyannis Ministro degli Esteri. Antonis Samaras, già Primo Ministro (giugno 2012 – gennaio 2015) e attuale deputato di Nuova Democrazia, ha marcato la differenza con Tsipras, da lui considerato uno “Yes-man”. Samaras ha ricordato quando, nel 1992 da Ministro degli Esteri del governo presieduto da Konstantinos Mitsotakis, la sua posizione a sostegno degli interessi ellenici arrivò al punto da lasciare l’esecutivo e ND e fondare il movimento “Primavera politica”, i cui sviluppi parlamentari portarono alla perdita della maggioranza per l’esecutivo e conseguenti elezioni anticipate, che segnarono il ritorno al governo del Pasok di Andreas Papandreou. Samaras ha sottolineato la propria contrarietà in particolare laddove l’accordo prevede il riconoscimento di una etnia e di una lingua macedone, considerando che potrebbe alimentare l’irredentismo con conseguente instabilità dell’area.

La decisione di Anel di non votare la mozione di sfiducia, pur dichiarando con il suo Presidente, la contrarietà all’accordo, ha avuto effetti rilevanti anche in Parlamento, dove Dimitris Kammenos (che non è parente del leader partito) ha votato a favore della mozione e perciò è stato espulso, ipotizzando che il governo si sia accordato sul nuovo nome della Fyrom a fronte di un’attenuazione del debito, eventualità che però è stata smentita dal governo. In conseguenza il numero di deputati di Anel è sceso a otto. Oltre a Dimitris Kammenos, si sono dimessi vari dirigenti del partito, in particolare nelle regioni Macedoni. Data la rilevanza della questione, Panos Kammenos considera improbabile l’approvazione dell’accordo nel referendum previsto nella Fyrom ma ha comunque chiesto a Tsipras di cercare una maggioranza qualificata di 180 deputati per la ratifica dell’accordo, invece della maggioranza assoluta.

Il 16 giugno un sondaggio (condotto da Marc per il giornale Proto Thema) ha rilevato che il 68.3% degli intervistati è contrario all’utilizzo alla denominazione “Macedonia del Nord” e il 73.2% è contro l’utilizzo del nome Macedonia nel nuovo nome della Fyrom. Nikola Gruevski, ex Primo Ministro della Fyrom, ha detto che l’accordo raggiunto è peggiore di quello che il suo governo aveva respinto nel 2009. Contrari all’accordo anche il Vmro-Dpmne, principale partito di opposizione, e il Presidente della Repubblica Gjorge Ivanov, che ha considerato l’accordo “dannoso” e in violazione della Costituzione. Il voto definitivo del Parlamento Ellenico avverrà dopo l’espletamento delle procedure di ratifica previste dalla Fyrom. Il 16 giugno, dopo più di due giorni di dibattito, il Parlamento Ellenico ha respinto la mozione di sfiducia contro il Primo Ministro Tsipras. I voti contrari sono stati 153, favorevoli 127.

Il 20 giugno il Parlamento della Fyrom ha approvato l’accordo con 69 voti a favore su 120. Vmro-Dpmne non ha partecipato alla votazione. Il Primo Ministro Zaev ha detto che l’accordo include il riconoscimento di un popolo e di una lingua Macedone ma ha sottolineato che la Grecia non deve aver alcun timore poiché la Fyrom non ha alcuna pretesa territoriale né di eredità culturale, né c’è intenzione di cambiare i confini. Egli prevede che in occasione dei referendum il favorevoli all’accordo saranno maggioranza tra il 75 e l’85%. Il 26 giugno in Grecia il deputato Giorgos Lazaridis ha lasciato Anel, il cui gruppo parlamentare passa a 7 deputati e la maggioranza di governo scende a 152 seggi. La Commissione Europea e le Istituzioni comunitarie continueranno a usare il nome Fyrom fino al completamente delle procedure di implementazione dell’accordo.

Ninni Radicini è coautore del libro “La Grecia contemporanea (1974-2006)” e autore di vari articoli sulla Grecia. Ha pubblicato articoli sulla Germania (area politico-elettorale-storica). Articoli su altri argomenti sono stati pubblicati su vari periodici. Ha pubblicato inoltre recensioni e prefazioni a libri.

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