Francia, epidemia di suicidi fra i contadini

di Rodolfo Casadei

Vita in campagna, vita sana? Forse una volta, e certamente non nelle campagne francesi. Domenica 8 ottobre si è svolta presso il santuario di Sainte-Anne-d’Auray nel Morbihan (dipartimento della Bretagna) la terza edizione della giornata di commemorazione delle centinaia di agricoltori che ogni anno in Francia si tolgono la vita. Il padre André Guillevic, rettore del santuario, ha celebrato una Messa di suffragio per le anime dei defunti e durante l’omelia ha insistito sulla «necessità di trovare soluzioni» a questo dramma senza perdere tempo a «designare i colpevoli».

L’iniziativa ha debuttato tre anni fa con un gesto ad effetto, allorché Jacques Joffredo, un coltivatore di ortaggi del Morbihan, ha collocato sul sagrato del santuario 600 croci bianche in polistirolo, simbolo dei 600 contadini francesi che, secondo i suoi calcoli, si erano uccisi nei 365 giorni precedenti. L’anno seguente sul sagrato erano state accese 600 candele ai piedi di una croce, davanti alla quale erano sfilate associazioni di contadini coi loro gonfaloni. Quest’anno si è tornati alle croci bianche, che erano 11 a ricordare i casi più recenti di suicidio, e a una marcia silenziosa. Erano presenti esponenti delle istituzioni, in particolare deputati di vari partiti.

Le cifre ufficiali sul fenomeno sono inferiori a quelle asserite da Jacques Joffredo, ma ugualmente allarmanti perché confermano che gli agricoltori si suicidano in proporzioni superiori a quelle della popolazione generale francese. Secondo un rapporto dell’agenzia nazionale della salute pubblica, nei due anni 2010 e 2011 (gli ultimi per i quali sono stati prodotti dati) si sono suicidati quasi 300 agricoltori, per l’esattezza 253 uomini e 43 donne. Ciò significherebbe che nel 2010 il tasso di suicidi fra i contadini francesi era superiore del 20 per cento a quello del resto della popolazione francese. Nei due anni precedenti le cose sarebbero andate peggio: nel 2008 e nel 2009 il tasso di suicidi fra i contadini sarebbe stato superiore alla media francese rispettivamente del 28 e del 22 per cento.

Il fenomeno pare non essere confinato alle campagne francesi: anche in Gran Bretagna, Australia, Canada, Svizzera e Corea del Sud i suicidi fra la popolazione rurale risultano percentualmente superiori a quelli della popolazione generale e in aumento. In Francia il suicidio è la terza causa di morte fra i contadini dopo il cancro e le malattie cardiovascolari. I casi più recenti hanno riguardato anche soggetti che non facevano una vita isolata. Il 25 settembre scorso si è dato la morte Marc Spenle, padre di due figli e vicepresidente dell’associazione per la protezione della mucca dei Vosgi. Candy, una delle sue mucche, era servita per il manifesto del Salone nazionale dell’agricoltura del 2011. Il 30 agosto si è tolto la vita Jean-Michel Le Troadec, l’agricoltore il cui letame aveva inquinato il fiume Jaudy in Bretagna a seguito di un incidente. Nel dicembre dello scorso anno si era ucciso Jean-Pierre Le Guelvot, da molti ricordato per aver preso parte all’edizione francese del reality televisivo “Il contadino cerca moglie”.

Secondo il quotidiano Le Figaro tre sono i motivi principali che spingono al suicidio un numero crescente di coltivatori. Il primo sarebbe la mancanza di riconoscimento sociale. «Ritengono di essere diventati i capri espiatori di una società che li guarda solo attraverso il prisma dell’inquinamento o del benessere animale. Sono oggetto di controversie a livello nazionale e non sanno come reagire», commenta François Purseigle, docente di sociologia alla Scuola nazionale superiore di agronomia di Tolosa. Poi c’è la questione dei rapporti umani, cioè «il sentimento di isolamento degli agricoltori». Fanno fatica a trovare moglie e anche quando sono sposati trascorrono la maggior parte del tempo soli o quasi. I figli si mostrano poco disponibili ad aiutarli e a prendere il loro posto in seguito. «Quando si pone la questione della successione, essa può essere molto angosciante per dei lavoratori che si sono impegnati duramente per lasciare un’azienda ai loro successori, ma questi non sono interessati».

Infine per nulla secondario è l’aspetto economico intrecciato con quello burocratico: «La diminuzione delle entrate, l’aumento delle tasse e l’introduzione di nuovi vincoli amministrativi e ambientali» accentuano la difficoltà del mestiere. La stessa difficoltà viene sottolineata da Markus Ritter, presidente dei contadini svizzeri, che fa notare come ormai i coltivatori debbano rispettare 1.300 regolamenti per poter lavorare. Le conseguenze sono drammatiche: «Numerosi contadini sono ai limiti dell’asfissia e constatiamo un aumento dei suicidi».

Fonte  TEMPI.it

Foto tratta da Wikipedia

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