Il “prossimo” che Gesù invita ad amare non può essere classificato in base alla comune nazionalità o religione. E’ l’insegnamento che Papa Francesco, che solo una settimana fa di ritorno dall’isola di Lesbo ha portato con sé dodici rifugiati siriani tutti musulmani, ha tratto oggi dalla parabola evanglica del Samaritano, nel corso dell’udienza generale in piazza San Pietro.
Un dottore della legge, ha ricordato Francesco commentando il Vangelo, pone a Gesù una domanda, “Chi è mio prossimo?”, “e sottintende: i miei parenti? I miei connazionali? Quelli della mia religione?…. Insomma – ha proseguito il Papa – vuole una regola chiara che gli permetta di classificare gli altri in ‘prossimo’ e ‘non-prossimo’. Quelli che possono diventare prossimo e quelli che non possono diventare prossimo”.
Francesco ha rievocato allora la parabola del buon Samaritano, “che mette in scena un sacerdote, un levita e un samaritano. I primi due sono figure legate al culto del tempio; il terzo è un ebreo scismatico, considerato come uno straniero, pagano e impuro, e cioè il samaritano. Sulla strada da Gerusalemme a Gerico il sacerdote e il levita si imbattono in un uomo moribondo, che i briganti hanno assalito, derubato e abbandonato. La Legge del Signore in situazioni simili prevedeva l’obbligo di soccorrerlo, ma entrambi passano oltre senza fermarsi. Forse avevano fretta”, ha detto il Papa. “E qui la parabola ci offre un primo insegnamento: non è automatico che chi frequenta la casa di Dio e conosce la sua misericordia sappia amare il prossimo. Non è automatico … Il sacerdote e il levita vedono, ma ignorano; guardano, ma non provvedono. Eppure non esiste vero culto se esso non si traduce in servizio al prossimo. Non dimentichiamolo mai: di fronte alla sofferenza di così tanta gente sfinita dalla fame, dalla violenza e dalle ingiustizie, non possiamo rimanere spettatori. Ignorare la sofferenza dell’uomo significa ignorare Dio!”.
Per il Papa, in generale, “tu puoi diventare prossimo di chiunque incontri nel bisogno, e lo sarai se nel tuo cuore hai compassione”.”Ognuno”, ha detto il Papa, “deve guardare nel cuore se ha la fede di questa compassione di dio il dio buono che ci compatisce ci guarisce ci carezza, e se noi lo rifiutiamo lui aspetta è paziente sempre accanto a noi”. askanews