Immigrati, Catania: 13 cadaveri in putrefazione nel reparto di ginecologia

Sabato mattina SUD Press ha dato la notizia: le 13 salme pescate, in avanzato stato di decomposizione, dai fondali del Mediterraneo sono state portate dopo mesi al reparto di Ginecologia dell’ospedale Vittorio Emanuele di Catania, dove vengono fatte le diagnosi prenatali alle donne incinte. Ma perché proprio lì? Non potevano essere trovati altri posti idonei? Il professor Antonio Gulisano ci racconta particolari agghiaccianti dell’avvenimento

Nel video l’intervista al Prof. Antonio Gulisano, direttore del reparto di diagnosi prenatale, realizzata da SudPress

Sacche per cadaveri che perdono liquami, personale dell’ospedale ricoverato al pronto soccorso per tossicosi, un reparto perfettamente funzionante smantellato in fretta e furia, medici e personale sanitario in rivolta. Tredici salme delle vittime del tragico naufragio del 18 Aprile scorso, ormai in putrefazione da mesi, vengono “pescate” dai fondali del Mediterraneo per permettere le operazioni di identificazione.

Un’operazione sotto certi aspetti nobile e meritevole, se non fosse stata effettuata con un’inspiegabile approssimazione che ha portato caos e serie problematiche all’interno di un intero reparto ospedaliero. Le salme dei tredici annegati non sono state portate all’interno di capannoni dismessi o di apposite celle frigorifere cimiteriali, ma bensì all’interno di uno dei reparti più sensibili dell’ospedale più centrale di tutta Catania: la Ginecologia del Vittorio Emanuele, nello stesso padiglione dove ogni giorno si da assistenza alle donne incinte.

L’operazione di recupero delle salme, del costo di circa 17 milioni di euro, è stata fortemente voluta dal premier Renzi

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