Amore e passioni, dialogo sulla Resistenza

 

che-mussolini

di Domenico Rosa

Una storia travolgente tra due ragazzi non più giovanissimi che a distanza di un decennio si ritrovano su sponde politiche opposte. Lei, insegnante di Lettere precaria, che continua a professare il verbo gramsciano, lui, giornalista squattrinato, ex compagno, folgorato sulla via di Damasco dai miti della destra sociale. Un amore a 360° che va oltre la fisicità e sfocia in confronto politico-culturale. I protagonisti sono Alessandro, 30 anni, residente a Firenze dai tempi dell’università e Michela, 34 anni, dopo un’infanzia passata nel nord Italia è tornata a vivere in Abruzzo, in quella regione aspra in cui entrambi affondano le radici.

I due si conoscono ad una riunione di Giovani Comunisti nell’estate del 1998 in provincia di Chieti. Alessandro rimane subito incantato dalla bellezza di Michela, occhi grandi, sicura, piena di passione. La sente parlare durante un dibattito e se ne innamora all’istante. Lei, 19enne, è gentile con lui, apprezza la sua precocità, ma ha già un ragazzo. Ale, di soli 15 anni, sa benissimo di non avere nessuna speranza.

Le cose cambiano quando si rincontrano nel 2010. L’ex compagno non l’ha mai dimenticata. Per lui Michi rimane un sogno e appena la vede, le corre incontro. L’abbraccia. Non è più il ragazzino piuttosto timido di tanti anni fa, ma un uomo di 27 anni che nel frattempo ha imparato a sedurre. Il colpo di fulmine non tarda ad arrivare. Ale e Michi si piacciono subito, ma il problema non è più l’età. Le idee di Alessandro sono cambiate e sa che questo suo mutamento sarà sicuramente motivo di scontro. Non crede più nella santificazione della Resistenza, nella rivoluzione socialista e nell’internazionalismo. E’ diventato quello che Michela chiamerebbe senza se e senza ma un ‘fascio’.

Dopo i campari e i ricordi ai tavoli del Bar Blob, la discussione politica diventa inevitabile. Alessandro per spiegare il suo cambiamento radicale racconta la storia della signora Coerenza. Con gli occhi appassionati e il sorriso sulle labbra inizia nel più classico dei modi: “C’era una volta la signora Coerenza, la donna uscì di casa in un mattino piovoso e aprì l’ombrello. Fece chilometri e chilometri. Ad un tratto uscì il sole e lei continuò a camminare con l’ombrello aperto”. Michela gli tira uno schiaffone e poi lo bacia con gusto.

L’estate è sempre complice dell’amore. La prof e il giornalista passano 15 giorni d’agosto meravigliosi, pieni di sentimento e di discussioni, in una parola spensierati. I problemi intanto, matrimoni falliti e depressioni varie, li aspetteranno al rientro delle vacanze. In quel breve periodo si fondono. Tesi e antitesi, che diventano una cosa sola: sintesi. Mai così vero come nel loro caso.

Settembre, ‘il mese del ripensamento sugli anni e sull’età’, arriva. Michela torna al suo lavoro d’insegnante e ai suoi figli, Alessandro all’amata Firenze a scrivere articoli mal retribuiti per il quotidiano cittadino. Sanno che ognuno avrà la sua vita, ma il filo che li lega rimarrà integro. Lei lo terrà sempre aggiornato sul marito stalker e le colleghe acide e soprattutto continuerà a leggere i suoi articoli.

Alessandro proprio il 25 aprile del 2012 scrive un pezzo sulla Resistenza. L’articolo dà inizio a uno scambio fitto di mail. I due innamorati continuano la sintesi, ribadiscono le proprie opinioni in modo fermo, ma con rispetto. ‘Senza perdere la tenerezza’.

“A distanza di 67 anni – scrive Alessandro su La Nazione on-line – parlare solo di parte giusta o sbagliata e non tener conto degli aspetti psicologici, educativi di un’intera generazione, è sicuramente riduttivo. Queste sensazioni sono ben descritte dallo storico Roberto Vivarelli nel suo La fine di una stagione. La confessione di uno studioso antifascista che all’età di 14 anni, dopo che il padre viene trucidato dai partigiani jugoslavi, aderisce alla Repubblica Sociale Italiana. ‘A vincere una guerra – diceva Malaparte – tutti son buoni, non tutti son capaci di perderla’. Così, come Vivarelli, tanti giovani e giovanissimi scelgono di continuare a combattere una guerra persa, a vivere fino in fondo una stagione amara”.

Michela legge l’articolo e scrive di getto le sue sensazioni all’uomo che ama: “Non so perché, ma mi si è parata davanti l’immagine di Ettore Troilo e dei ragazzi della Brigata Maiella, quei ragazzi che tanto odiarono fascisti e tedeschi che una volta trovato uno morto per strada non ebbero il coraggio di trafugargli le scarpe e che coprirono i piedi di quel corpo morto con le foglie secche, pensando a quante volte la madre di quel corpo ancora bambino li avesse lavati. Mi viene in mente il re che proprio dalle nostre sponde fuggì. Mi viene in mente Achille che trascina con la biga il corpo di Ettore nella polvere. Mi viene in mente la Grecia, l’Albania e la campagna di Russia. Mi viene in mente Jessi Owens che vinse l’oro a Berlino ’36 e a cui il ‘merda’ non volle stringere la mano.

Mi viene in mente Benigni mentre, ne La vita è bella, fa ‘l’esegesi’ delle leggi sulla razza, mostrando il ‘vero’ ginocchio ariano. Mi viene in mente la ‘polvere’ bianca cadere su Auschwitz. Mi viene in mente Einstein che, una volta giunto negli Usa, dopo essere fuggito dalla Germania nazista, alla domanda del doganiere a quale razza appartenesse, rispose: ‘A quella umana’. Ma davvero, amore mio, i morti sono tutti uguali? Un bacio tesoro, da una ‘signorina’ che ancora dimora nei pressi della linea Gustav e che si proclamerà antifascista fino all’ultimo respiro della sua vita, mentre le risuonano nella mente i versi de La guerra di Piero, che, grazie al cielo, De Andre è riuscito a regalarci.

La risposta di Alessandro non si fa attendere: “Davvero il problema di oggi è il fascismo? Davvero oggi abbiamo bisogno di vedette partigiane a difesa della democrazia? Credo fermamente di no, l’antifascismo è un rifugio sicuro soprattutto per un certa sinistra estrema e antagonista a corto di idee, incapace di confrontarsi con la realtà quotidiana. Tesoro mio, quando prometti di rimanere antifascista fino al tuo ultimo respiro associ al fascismo tutto ciò di più negativo possibile, come diceva qualcuno ‘il male assoluto’. Liquidare un periodo storico durato vent’anni con una battuta è ingiusto, voglio solo dirti che il fascismo non è stato qualcosa di monolitico liscio e duro da buttare in toto, ma un movimento composito, a tratti anche rivoluzionario, non solo politico ma di costume, la cosiddetta religione della Patria.

Purtroppo la politica fa molto male alla Storia, basti pensare all’accezione negativa che hanno oggi i termini medievale e borbonico. Come se il medioevo fosse stato solo un periodo buio fatto di superstizioni e guerre e non invece un fiorire di civiltà e culture. Lo stesso valga per l’aggettivo borbonico, utilizzato dai vincitori risorgimentali come sinonimo di cattiva amministrazione e di malgoverno”.

Michela reagisce con una citazione: “Quasi 70 anni fa si è combattuta una guerra. C’era chi stava dalla parte giusta e chi da quella sbagliata. Questi ultimi sono stati integrati nell’Italia post bellica, nonostante se avessero vinto loro avrebbero mandato gli avversari in campi di prigionia o di sterminio ed oppresso la maggioranza degli italiani. La pietà si deve a tutti i morti, il rispetto solo a chi dopo ha imparato dai propri errori. Nulla invece si deve ai revisionisti. Buon 25 aprile.” (Teresa De Masi)

Ale risponde colpo su colpo prendendo in prestito le parole di un intellettuale tutt’altro che fascista: “L’antifascismo di oggi, o almeno di quello che viene chiamato antifascismo, o è ingenuo o stupido o è pretestuoso e in malafede: perché dà battaglia o finge di dar battaglia ad un fenomeno morto e sepolto, archeologico appunto, che non può fare più paura a nessuno. E’, insomma, un antifascismo di tutto comodo e di tutto riposo”. (Pier Paolo Pasolini).

Ps. Siamo come Gaber e la Colli. Io sono Gaber.

Michi: “Scemo. Ti amo!”.

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