In mani straniere il 40% delle aziende quotate italiane. Investimenti o speculazione?

madein9 giugno – “Se da una parte va valutato positivamente l’aumento del valore delle imprese italiane, dall’altro bisogna guardare con attenzione la presenza degli stranieri e capire fino a che punto si tratta di investimenti utili allo sviluppo e dove finisce, invece, l’attivita’ speculativa” dice il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi.

8 giu. – I capitalli esteri sono in fuga dall’Italia, ma in compenso sono sempre piu’ in mani straniere le aziende italiane quotate. Al dato del Censis di ieri, secondo il quale gli investimenti esteri in Italia sono scesi del 58% rispetto al 2007, si contrappone quello di Unimpresa, secondo la quale oltre il 40% delle societa’ per azioni italiane quotate in Borsa, che hanno visto crescere la capitalizzazione complessiva di 87 miliardi di euro lo scorso anno, e’ posseduto da soggetti esteri.

Secondo un rapporto del Centro studi di Unimpresa, sull’andamento del valore delle aziende italiane nell’ultimo anno, dal dicembre 2012 al dicembre 2013, il capitale delle spa quotate del nostro Paese e’ passato da 364,8 miliardi di euro a 452,1 miliardi in crescita di 87,2 miliardi (+23,9%). Sul listino tricolore cresce il peso degli azionisti “non italiani” che ora hanno partecipazioni di imprese quotate made in Italy pari a 183,6 miliardi, il 40,6% del totale. Predominante, seppur in leggera diminuzione, il peso delle famiglie nel capitale delle aziende (quotate e non) con partecipazioni pari a 873 miliardi, in aumento di 65,4 miliardi.

Secondo l’analisi di Unimpresa, basata su dati della Banca d’Italia, nell’ultimo anno, da dicembre 2012 a dicembre 2013, si e’ assistito a uno scatto in avanti del valore delle spa presenti sui listini di piazza Affari. Le partecipazioni di spa quotate in mano alle imprese italiane a fine 2013 valevano 121,1 miliardi (il 26,8% del totale) in crescita di 35,3 miliardi (+41,1%) rispetto agli 85,8 miliardi di dicembre 2012.

Le banche continuano ad avere una presenza forte’ seppure in lieve calo, nel capitale delle spa quotate con il 7,1%, pari a 32,5 miliardi in crescita di 132 milioni (+0,41%). Lo Stato centrale ha nel suo portafoglio titoli azionari quotati italiani per 13,1 miliardi (+2,89%), in aumento di 200 milioni (+1,5%) rispetto ai 12,8 miliardi di un anno prima. I privati (famiglie) controllano quote pari a 60,5 miliardi (il 13,4% del totale), cresciute di 2,1 miliardi (+3,5%) rispetto ai 58,4 miliardi dell’anno precedente. Gli stranieri controllano il 40,6% di piazza Affari con partecipazioni pari a 183,6 miliardi in aumento di 36,2 miliardi rispetto ai 147,2 miliardi di dicembre 2012.
Complessivamente il valore delle societa’ italiane quotate e’ salito in un anno di 87,2 miliardi (+23,9%) da 364,8 miliardi a 452,1 miliardi.
Il peso degli stranieri scende, ma resta comunque significativo, se si guarda a tutto l’universo delle societa’ per azioni. Le spa Italiane, comprese le quotate, valgono (dicembre 2013) 1.865,7 miliardi, in aumento di 168,1 miliardi (+9,9%) rispetto ai 1.697,6 miliardi di fine 2012. La ripartizione delle quote e’ la seguente. Le imprese hanno il 12,1% pari a 226,4 miliardi, in aumento di 7,6 miliardi (+3,5%) sui 218,7 miliardi di un anno prima. Le banche hanno il 7,2% pari a 135,7 miliardi, in lieve calo di 1,1 miliardi (-0,8%) rispetto ai 136,8 miliardi. Stabile anche la quota dello Stato centrale che ora ha il 5,3% di spa con 98,9 miliardi, in aumento di 200 milioni (+0,2%) rispetto ai 98,7 miliardi precedenti. I privati detengono il 46,8% di societa’ per azioni, a conferma del carattere familiare dell’imprenditoria italiana, con 873,2 miliardi in aumento di 65,4 miliardi (+8,1%) rispetto agli 807,7 miliardi del 2012. La quota di imprese italiane i n mano agli stranieri, che corrisponde al 21,1% del totale, e’ aumentata di 57,8 miliardi (+17,1%) da 336,7 miliardi a 394,6 miliardi.
“Se da una parte va valutato positivamente l’aumento del valore delle imprese italiane, dall’altro bisogna guardare con attenzione la presenza degli stranieri e capire fino a che punto si tratta di investimenti utili allo sviluppo e dove finisce, invece, l’attivita’ speculativa” commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi. (AGI) .

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