Ilva: perdite di un miliardo durante il commissariamento, 11mila lavoratori a rischio

ilva2 giu. – Comincia una settimana delicata per l’Ilva. Il Governo e’ alle prese col mandato del commissario Enrico Bondi, nominato il 5 giugno di un anno fa (decreto firmato dal presidente Enrico Letta), e deve quindi decidere se prorogare o meno l’incarico. In base alla legge, il commissariamento dell’Ilva – deciso dal Governo a fronte della grave crisi dell’azienda – deve durare tre anni, sino all’agosto del 2016.- Riconferma di Bondi ma sino alla composizione della nuova cordata; nomina di un nuovo commissario al posto dell’attuale manager che anni addietro ha risanato la Parmalat; sostituzione di Bondi e riconferma invece di Edo Ronchi, il sub commissario dell’Ilva, che pero’, al contrario di Bondi non e’ stato nominato dal presidente del Consiglio, ma dal ministro dell’Ambiente e tuttavia la sua nomina e’ datata 15 giugno 2013, quindi e’ in scadenza ma non in termini meno immediati rispetto a Bondi.

Ecco la situazione che ha davanti al Governo per l’Ilva. Nei giorni scorsi il premier Matteo Renzi ha manifestato insoddisfazione per come stanno andando le cose e annunciato “un cambio di passo”.
Sciogliere il nodo Ilva, pero’, non e’ affatto facile perche’ l’azienda – che solo a Taranto ha 11mila occupati diretti – vive da mesi una pesante crisi finanziaria che mette a rischio stipendi, forniture, pezzi di ricambio e prosecuzione dei lavori di risanamento prescritti dall’Autorizzazione integrata ambientale. Ne’ si presenta facile formare una nuova cordata di imprenditori disposta a subentrare al gruppo Riva che oggi detiene quasi il 100 per 100 della proprieta’ Ilva.

Si sta ragionando su una possibile cordata fra produttori italiani e stranieri e per quest’ultimi chi si e’ fatto avanti – ed ha anche avuto incontri col ministro Federica Guidi nei giorni scorsi – e’ il gruppo franco-indiano Arcelor Mittal. Sono fondamentalmente tre i problemi che preoccupano eventuali nuovi soci dell’Ilva: l’indebitamento della societa’, che, secondo fonti aziendali, stima perdite per un miliardo nel periodo del commissariamento (2014-2016) e che nel primo trimestre di quest’anno ha perso circa 110 milioni nella gestione; l’enorme esborso finanziario necessario per i nuovi investimenti sia ambientali che industriali; il conflitto giudiziario esistente a Taranto alla luce del nuovo processo che comincera’ il 19 giugno (accusa disastro ambientale, chiesto il rinvio a giudizio di 49 persone tra cui molti esponenti del gruppo Riva) e dei risarcimenti danni che stanno cominciando ad arrivare.

Nei giorni scorsi, per esempio, il Tribunale di Taranto ha condannato l’azienda dell’acciaio a risarcire i condomini di un edificio del rione Tamburi, vicino al siderurgico, i quali hanno lamentato l’imbrattamento della facciata del loro stabile a causa delle polveri siderurgiche. Dagli 11mila ai 15mila euro a nucleo familiare dovra’ adesso risarcire l’Ilva, ma il risarcimento piu’ grande l’ha chiesto il Comune di Taranto alla luce della sentenza che ha condannato anni addietro l’Ilva e che e’ stata resa definitiva dalla Cassazione: 3,3 miliardi di euro. Si tratta di tre problemi che complicano non poco l’approccio di chiunque voglia rilevare l’Ilva.

Pesano molto anche gli investimenti necessari al siderurgico: solo l’Aia costa 1,8 miliardi, altri 600 milioni costano gli interventi per la sicurezza sul lavoro e la salute dei lavoratori. A questi bisogna poi aggiungere gli investimenti industriali che il piano Bondi stima sino al 2020 in 1,7 miliardi. Servono molte risorse, quindi, e perdipiu’ in un contesto societario a dir poco problematico e con una situazione di mercato certo non favorevole.

Oneroso anche l’aumento di capitale. Bondi parla di 1,8 miliardi cui si aggiunge un altro miliardo e mezzo da chiedere alle banche. Il Governo, dopo aver approvato il piano ambientale dei commissari, ora si ritrova col piano industriale e con l’interrogativo se approvarlo o meno.

Gli eventuali nuovi acquirenti dell’Ilva hanno gia’ fatto sapere di non accettare il piano industriale di Bondi. Cio’ che contestano e’ l’uso, nella produzione, del preridotto di ferro in alternativa all’agglomerato e alle cokerie. Ma il piano industriale che ha preparato Bondi discende dal piano ambientale che il Governo ha approvato. La norma infatti dice che il piano industriale si conforma a quello ambientale. E il decreto che approva il piano ambientale, sulla “Gazzetta Ufficiale” dai primi di maggio, raccomanda all’Ilva di ridurre il carbon coke puntando sul preridotto o altre tecnologie. Un’inversione di marcia su questo terreno, venendo incontro a quello che vorrebbero i siderurgici interessati all’Ilva, significherebbe quindi disconoscere lo stesso piano ambientale. (AGI) .

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