Enti inutili a carico dei contribuenti. Un carrozzone che ci costa 10 miliardi

euro23 genn – Un carrozzone di società e consorzi. Che non servono. Se non a pagare cda e dipendenti. Viaggio nello spreco.

Un carrozzone monstre. Composto da un numero imprecisato di società partecipate, controllate e consorzi. Che spesso hanno solo la funzione di stipendifici. E che costano ai contribuenti – secondo le stime dell’Unione delle Province italiane del 2012 – oltre 7 miliardi di euro. Ma c’è chi sostiene che lo spreco arrivi ai 10. Tutti enti «inutili» tornati recentemente nel mirino della Uil che ne ha contati almeno 540. Ma anche in questo caso i numeri non tornano. Perché Roberto Calderoli, nel 2009, ne aveva censiti ben 34 mila.
E ce n’è per tutti i gusti.

DALLE TERME ALL’IRRIGAZIONE.A Fogliano, in provincia di Latina, per esempio, la società per le Terme prova dagli Anni 80 a differenziare l’offerta ricettiva dell’area. Delle terme non c’è ancora traccia, in compenso nel 2011 l’organismo ha lanciato un bando per assumere un direttore minerario. Più coriaceo l’Eipli, l’ente per l’irrigazione e la trasformazione fondiaria che opera tra Puglia, Lucania e Campania. Nel 1979 una legge dello Stato lo ha messo in liquidazione. Da allora 31 decreti lo hanno prorogato e tenuto in piedi. Intanto il commissario, i tre subcomissari, il direttore generale e il capo di gabinetto ringraziano e intascano lo stipendio.

LE STAZIONI SPERIMENTALI.Resistono poi la Stazione sperimentale per i combustibili, trasformata in azienda speciale della Camera di Commercio di Milano, la Stazione sperimentale per la seta, la Stazione Sperimentale per le Industrie delle Essenze e dei derivati dagli Agrumi di Reggio Calabria.

L’AFFAIRE ICE.Ma il caso più famoso è quello dell’Ice, il principale ente di promozione all’estero. Nel 2011 Giulio Tremonti lo soppresse, vuoi per l’atavico bilancio in rosso, vuoi perché la sovrapposizione delle competenze tra i ministeri delle Attività produttive e degli Esteri, le ambasciate i consolati e le camere di commercio rendeva impossibile ogni attività di promozione. Il ministro sognava uno sportello unico sul modello americano o francese, magari incrociando il tutto con il gioiellino Sace. Ma le proteste di Confindustria e della burocrazia spinsero Mario Monti a tenere in piedi il carrozzone. E tutto è, sostanzialmente, come prima.

Un carrozzone che costa ai contribuenti circa 10 miliardi

Benvenuti nel fantastico mondo degli enti inutili. Nel caso migliore sono società controllate da ministeri, Comuni, Regioni, e Province aperte per portare attività economiche fuori dal controllo delle assemblee (il parlamento, il consiglio comunale e così via) e dal patto di Stabilità. In quello peggiore, nate soltanto per assumere personale – anch’esso inutile – aggirando il blocco del turn over nel pubblico impiego. Luigi Angeletti – la sua Uil di queste strutture ne ha censite almeno 540 – ha rilanciato il problema ogni qualvolta il governo parla di tagli alla spesa infruttuosa.

L’AUT AUT DI MASTRAPASQUA.Antonio Mastrapasqua, presidente dell’Inps, ha invece messo il governo davanti a un aut aut: o chiude almeno 300 di questi organismi oppure dovrà iniziare a licenziare nello sterminato esercito di dipendenti pubblici (oltre 4,5 milioni se si considerano anche gli insegnanti).

C’è chi ha parlato di sprechi superiori ai 10 miliardi di euro, legati per lo più agli stipendi degli assunti. Tutti soldi, in teoria, facilmente recuperabili, perché questi enti non erogano servizi di prima necessità in campo assistenziale o nel controllo del territorio. Invece, ha notato il segretario confederale della Uil Guglielmo Loy, «gli enti locali si fanno forti del fatto che la finalità della società non si è potuta realizzare per il taglio dei trasferimenti dei governi. Quindi, nulla toglie che in seguito, con il ripristino di quei contributi, lo scopo sociale possa essere portato a compimento». Ma ancora più complesso è capire chi può intervenire.

LA GABOLA DELLE AMMINISTRAZIONI.«Il Titolo V della Costituzione», ha aggiunto Loy, «parifica il livello centrale a quello decentrato. La Corte dei Conti, poi, può intervenire soltanto se vede discrepanze nei bilanci degli enti locali. Ma se il Comune o la Regione hanno la possibilità di portare fuori dal proprio perimetro contabile gli effetti di gestione di questi organismi, allora c’è poco da fare».

Lo dimostra la fine fatta da tutti i provvedimenti di liquidazione presi dal 1959 a oggi dai governi che si sono succeduti. Sindaci, presidenti di Provincia e governatori li hanno facilmente impugnati davanti alla magistratura amministrativa.

L’ANNUNCIO DI CALDEROLI.Negli ultimi anni, poi, si è raggiunto il parossismo, con la politica nazionale pronta a lanciare campagne moralizzatrici e gli enti nel mirino rimasti saldamente al loro posto, spesso grazie a inaspettati sponsor. Campione su questo versante l’ex ministro della Semplificazione, Roberto Calderoli. Che nel salotto di8 e 1/2nell’ottobre 2009 annunciò che sarebbe caduta «la ghigliottina» sugli enti inutili che non si erano ristrutturati, non avevano chiuso, non avevano ridotto il personale e non avevano tagliato le spese. E fece girare la notizia di avere scovato addirittura 34 mila carrozzoni da cancellare, senza però portare come prova alcuno studio. Alla fine riuscì a tagliarne soltanto 49. E, per la cronaca, ha fatto meglio dei suoi successori.

La palla ora passa a Cottarelli

Il governo Monti ne individuò 500, «condannandoli» nel primo decreto della spending review. Ma nel braccio della morte non ci sono mai entrati.

Il governo Letta ha riaggiornato il dossier, decidendo di inserirlo nel decreto per tagliare le Province e trasformarle in città metropolitane. Anche in questo caso non se ne è fatto nulla. Ora la palla passa al commissario alla spending review Carlo Cottarelli. Il quale, però, può indicare agli enti solo quantum, senza imporre quali controllate tagliare. In ogni caso è educativo andare a rileggersi le cronache di questi anni e scoprire l’effetto delle campagne di Calderoli e dei suoi colleghi.

DOTAZIONI ORGANICI INCREMENTATE.

Così si scopre che nel caso degli enti più corposi – l’Istituto di previdenza per il settore marittimo Ipsema, l’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro Ispel, l’Istituto affari sociali Ias o l’Agenzia autonoma per la gestione dell’albo dei segretari comunali e provinciali – non soltanto c’è stato un semplice trasferimento di competenze e personale ad altri organismi pubblici. Ma grazie alla legge 122 del 2010 le dotazioni degli organici sono state «incrementate di un numero pari alle unità di personale di ruolo trasferite in servizio presso gli enti soppressi».

Al danno, quindi, si è aggiunta la beffa. Come nel caso dell’Ente italiano montagna (Eim). In Italia da sempre ci si interroga sull’utilità delle comunità montane.

Detto questo nel 2010 il governo ha deciso di trasferire l’Eim sotto il cappello del dipartimento per gli Affari regionali della presidenza del Consiglio. Il tutto per la gioia dei suoi dipendenti che si ritrovano catapultati in un mondo di benefit e riconoscimenti sconosciuti agli altri travet.
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