Allarme Istat: in Italia 5 milioni di persone in povertà assoluta

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29 ott – Il Pil dell’Italia ancora in calo, su base annua -1,8%. E con l’aumento dell’Iva sale anche l’inflazione. Allarme sul disagio delle famiglie a causa della crisi: dal 2007 al 2012 il numero di individui in povertà assoluta è passato da 2,4 a 4,8 milioni. Il 65% ha ridotto gli acquisti nel primo trimestre di quest’anno. Legge stabilità, Corte dei Conti: “Da taglio cuneo rischi per equità”.

In particolare, nell’ultimo anno, l’aumento si estende anche a fasce di popolazione che, tradizionalmente, presentano una diffusione del fenomeno molto contenuta grazie al tipo di lavoro svolto e/o al secondo reddito del coniuge. Contestualmente, è ulteriormente peggiorato l’indicatore di grave deprivazione materiale che aveva mostrato un deterioramento già nel 2011 e che è raddoppiato nell’arco di due anni. Quasi la metà dei poveri assoluti (2 milioni 347 mila) risiede nel Mezzogiorno (erano 1 milione 828 mila nel 2011). Di questi oltre un milione (1,058) sono minori (erano 723 mila nel 2011) con un’incidenza salita in un anno dal 7 al 10,3 per cento.

Secondo il presidente Istat, nel primo semestre 2013, il 17 per cento per cento delle famiglie (1,6 punti percentuali in più rispetto allo stesso periodo del 2012 e 4,9 punti percentuali in più dei primi sei mesi del 2011), dichiara di aver diminuito la quantità di generi alimentari acquistati e, contemporaneamente, di aver scelto prodotti di qualità inferiore. Un’evidenza simile si osserva nel caso dell’abbigliamento e delle calzature: la quota di famiglie, che ha limitato la quantità e la qualità dei prodotti acquistati sale dal 12,6 per cento del primo semestre 2011 al 18,3 per cento della prima metà del 2013.

Complessivamente, la quota di famiglie che ha ridotto qualità e/o quantità dei generi alimentari acquistati aumenta in misura consistente: dal 51,5 per cento del primo semestre 2011, al 65 per cento del primo semestre 2013 (77 per cento nel Mezzogiorno). Si tratta soprattutto di famiglie che diminuiscono la quantità di beni acquistati, ma una percentuale non trascurabile, e in deciso aumento, è anche quella di chi ne riduce anche la qualità.

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