UE, Germania: No all’unione bancaria (non mettere bocca sulle banche tedesche)

amerkel

15 lug – Sull’unione bancaria è scontro aperto tra Commissione Ue e Germania: Bruxelles, nel presentare la seconda tappa del meccanismo che regolerà il fallimento delle banche, si è assegnata il potere di decidere quando dare il via al default di un istituto. Berlino contesta non solo questo potere ”troppo ampio”, ma anche l’ipotesi che si crei un fondo unico che intervenga a coprire le spese qualora le banche siano messe talmente male che nemmeno far ricadere le perdite su azionisti e correntisti è sufficiente a coprire le spese.

Lo scontro tra le due parti ha già avuto come conseguenza un rallentamento sulla tabella di marcia dell’unione bancaria, il cui secondo pilastro doveva essere discusso dall’ecofin del 9 luglio e invece andrà a quello del 14 settembre. E con l’opposizione netta della Germania, sarà quasi impossibile farlo approvare entro dicembre, come prevedav la Commissione e come auspicava anche la Banca centrale europea, che sta spingendo molto per vedere dei progressi. La Bce è preoccupata perché quando verso la fine del 2014 partirà la sua supervisione, senza la seconda tappa dell’unione bancaria cioé il meccanismo unico di fallimento ordinato delle banche e senza un fondo unico che intervenga a coprire qualunque perdita, sarà difficile risolvere i problemi delle banche che essa avrà evidenziato.

Nel definire il testo del ‘meccanismo unico’ che farà fare default ordinato alle banche, la Commissione Ue si è basata su un unico pilastro: i soldi dei contribuenti non devono più essere utilizzati per salvare il sistema finanziario. Per questo ha proposto che il fondo unico di risoluzione sia alimentato dalle banche (in proporzione al rischio delle loro attività). Ma nel periodo di transizione (2015-2018) ci si dovrà accontentare dei fondi nazionali, e se non bastassero dovrà sempre intervenire lo Stato, come è successo finora, si veda le banche spagnole a causa delle quali il governo ha dovuto chiedere gli aiuti della Ue.

Ma la Germania è contraria a qualunque forma di messa in comune dei fondi di garanzia: il timore è che da qualche parte in Europa vi siano altri casi come Cipro o Spagna pronti ad esplodere, e che il fondo venga prosciugato per sanare situazioni d’emergenza di Paesi poco virtuosi che non hanno mai effettuato controlli. Per altri invece, Berlino vuole solo che la Commissione resti al suo posto e non metta bocca sulle banche tedesche.

Fino ad oggi, salvataggio, supervisione e chiusura delle banche sono stati affari gestiti dagli Stati. Ma dopo le difficoltà delle banche di Cipro, che stavano portando il Paese alla bancarotta, si è deciso di creare prima uno schema che chiarisce chi paga quando una banca è in crack, e poi un meccanismo che interviene a gestire la crisi e decide quando far scattare anche la richiesta di aiuti extra. Ma la proposta di Michel Barnier, commissario al mercato interno, non piace anche perché affidando alla Commissione il potere di far scattare il default, che potrebbe anche utilizzare fondi pubblici, si lascia a Bruxelles anche il potere di decidere di fondi nazionali. E agli Stati non va giù.

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