Dopo l’Ilva, Taranto rischia di perdere l’arsenale della Marina, danno enorme all’economia locale

tarantoTaranto, 14 lug. – Dopo l’Ilva, altre nubi all’orizzonte per l’economia e l’occupazione a Taranto. Una serie di tagli e riduzioni sono anche previsti nella Difesa, che storicamente, tra Marina militare e Aeronautica, e’ uno dei punti di riferimento della citta’ con importanti ricadute in termini di posti di lavoro. Secondo una valutazione del Cocer, l’organo della rappresentanza dei militari, nei prossimi anni Taranto, tra militari e civili, potrebbe perdere circa 2mila addetti, mentre a livello nazionale tutta la Difesa perderebbe, entro il 2026, 30mila militari e circa 10mila civili.

A Taranto, sottolinea il Cocer, la riduzione e’ il frutto di due cause che si incrociano tra loro: la riforma Di Paola, dal nome dell’ex ministro della Difesa nel governo Monti, e il processo di spending rewiew che interessa anche le strutture delle Forze armate. Nella “cura dimagrante” che si annuncia per la Difesa a Taranto a seguito della spending rewiew e della riforma voluta dall’ex ministro Giampaolo Di Paola – riforma finalizzata anche a riallocare sugli investimenti e sull’esercizio maggiori risorse che oggi, invece, sono destinate per il 70 per cento al personale -, e’ a rischio l’Arsenale della Marina Militare.

Costruito oltre cento anni fa, l’Arsenale e’ probabilmente la struttura che, insieme alla base navale, piu’ evidenzia la caratteristica di Taranto come cittá sede di importanti insediamenti militari. Circa 1200 sono oggi i dipendenti dell’Arsenale (oltre un migliaio civili), che si occupa della manutenzione delle navi della Marina.
Problema, quest’ultimo, che rimanda ad altre due questioni: la prima e’ che la flotta della Marina – peraltro non tutta dislocata a Taranto – sta invecchiando, tant’e’ che i vertici della stessa Marina, di recente, hanno detto in Parlamento che c’e’ bisogno di uno stanziamento di 10 miliardi in dieci anni per sostituire le navi che usciranno progressivamente dal ruolo operativo; la seconda e’ che lo stesso Arsenale mostra da tempo tutti i segni degli oltre cento anni di vita, dai bacini alle officine e ai capannoni.

Il piano “Brin” per l’ammodernamento infrastrutturale sinora e’ andato avanti al rallentatore – come hanno anche denunciato i sindacati dei dipendenti civili e quelli dei metalmeccanici delle imprese dell’indotto – a causa dell’assenza di finanziamenti. Adesso la riforma dell’ex ministro Di Paola prevede che entro il 2015 l’Arsenale militare di Taranto – uno dei due principali della Marina, l’altro e’ a La Spezia – sia “riconfigurato”, ovvero che i lavori alle navi si facciano con personale interno mentre oggi una quota delle attivita’ va alle imprese appaltatrici. Ma la “riconfigurazione”, a sua volta, necessita del turn over del personale, che da anni e’ sostanzialmente fermo, dell’ammodernamento del naviglio, del rilancio della formazione e della riqualificazione professionale col reperimento delle risorse necessarie, della prosecuzione degli interventi su impianti e infrastrutture. Tutte prioritá che la Difesa segnala di nuovo al Governo, che la Marina piu’ volte, negli anni precedenti, aveva evidenziato per conto suo, ma che oggi appaiono di difficile realizzazione proprio per l’assenza di risorse.

“La situazione economica di Taranto non ha bisogno di altri tagli lineari ma la spending review sta per raggiungere anche il comparto della Difesa. Era una delle poche certezze: si tratta di lavoro, formazione, logistica, economia”. Lo dicono, in una nota congiunta, i consiglieri regionali della Puglia Arnaldo Sala del Pdl, Annarita Lemma del Pd e Alfredo Cervellera di Sel con riferimento agli annunciati tagli nel settore della Difesa e alle incertezze sul futuro dell’Arsenale della Marina. Per i tre consiglieri regionali pugliesi, “se da un lato non si assiste, ancora, alle auspicabili dismissioni di porzioni di territorio (soprattutto di costa) di fatto inutilizzati dopo lo spostamento della base navale da Mar Piccolo a Mar Grande, dall’altro lato il piano di ridimensionamento approvato dal governo Monti (ministro Di Paola) tratteggia il trasferimento di migliaia di addetti (tra formatori, volontari di truppa e aspiranti sottufficiali) da Taranto ad Ancona (Marina Militare) e da Taranto a Caserta (Aeronautica). Un danno enorme all’economia locale” sottolineano i consiglieri regionali della Puglia. “Le chiusure sostanziali dei centri di addestramento, se confermate – proseguono Sala, Lemma e Cervellera -, provocherebbero effetti pesanti sul tessuto economico e sociale di una citta’ gia’ piegata su se stessa per la crisi industriale e per il noto allarme sanitario che purtroppo segnano questa travagliata fase della storia tarantina.
Verrebbe meno – si aggiunge – una cospicua fetta di utenza per le attivita’ quotidiane commerciali: dalle vendite al dettaglio alle forniture, dalla ristorazione alle strutture ricettive.
Taranto non puo’ permetterselo. Per questa ragione – concludono i consiglieri regionali – chiediamo al Governo di valutare la revisione dei piani tracciati dall’esecutivo precedente”. Sullo stesso tema, infine, il deputato del Pdl, Gianfranco Chiarelli, ha chiesto a Palazzo Chigi la riconvocazione del “Tavolo istituzionale” per Taranto anche in considerazione degli altri punti di crisi, oltre all’Ilva, della citta’ e della provincia: appalti comunali, Cementir e Natuzzi. (AGI) .

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