Pentito ‘ndrangheta: i magistrati mi hanno obbligato a dire il falso

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7 giu. – Nino Lo Giudice, il pentito ex capo della omonima cosca di ‘ndrangheta, ha deciso di ritrattare quanto affermato finora nei processi in cui e’ stato sentito come teste a Reggio Calabria. Scomparso ieri dalla localita’ protetta dove stava scontando gli arresti domiciliari, non si hanno notizie, ma oggi pomeriggio e’ arrivato l’annuncio di un memoriale proveniente dallo stesso Lo Giudice. E’ stato l’avvocato Francesco Calabrese a informare la Corte di essere stato contattato, insieme al collega Nardo, dal figlio del pentito, il quale gli ha consegnato un memoriale scritto dal padre. Un testo in cui Lo Giudice non solo ritratta quanto finora testimoniato ma accusa i magistrati di avergli fatto pressione.

Mi hanno minacciato che se non avessi raccontato quello che a loro piaceva mi avrebbero spedito indietro e al 41bis. Mi hanno intimidito”, si legge nel memoriale in cui si fa riferimento alle lotte interne alla Procura di Reggio e alle intimidazioni subite in passato dai magistrati reggini. Il memoriale e’ indirizzato al presidente del tribunale di Reggio Calabria, Silvana Grasso, al sostituto della Dda, Giuseppe Lombardo, al procuratore capo della Dda di Catanzaro, Vincenzo Antonio Lombardo, e al presidente dell’udienza per il processo dove Lo Giudice avrebbe dovuto testimoniare il giorno della sua scomparsa.

“A uccidere Francesco Calabro’ e’ stato Consolato Villani”. Cosi’ Antonino Lo Giudice, collaboratore di giustizia scomparso dal luogo protetto dove scontava gli arresti domiciliari, ha affermato nel memoriale fatto pervenire stamani a due avvocati reggini.
“Il Villani – scrive Lo Giudice – e’ responsabile degli omicidi dei Carabinieri (Fava e Garofalo ndr) uccisi per mano di due mercenari di armi incoscienti, uno villani e, l’altro Giuseppe Calabro'”. “Inoltre – continua Lo Giudice – sono a conoscenza diretta, per che’ mi e’ stato confidato dal Villani che a uccidere Calabro’ Francesco e’ stato proprio lui, mi disse che aveva un appuntamento in un bar al centro citta’ nei pressi di piazza Garibaldi (non ricordo il nome) e li’ il Villani gli fece una proposta per una partita di armi e che si trovavano nei pressi del porto di Reggio Calabria, approfittando della sua debolezza mentale lo trascino’ fino al porto, giunti sul posto il Villani essendo sulla stessa auto gli diede un pugno in faccia e il povero Francesco sveni’, approfittando che erano coperti dalla visuale di un rimorchio gli scese il freno a mano e lo fece cadere in acqua, dopo che si assicuro’ che non tornava a galla scappo’ a piedi verso il centro a recuperare la sua auto”. L’auto di Francesco Calabrese, una Smart, e’ stata rinvenuta poco tempo fa nelle acque del porto reggino.
All’interno i resti umani ancora non identificati, quasi certamente appartenenti a Francesco Calabrese, l’imprenditore che era scomparso dal 2006, fratello del collaboratore di giustizia Giuseppe Calabro’, il quale pero’ non fu creduto dai giudici che lo condannarono a una pesante pena.

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