Biondi: Vent’anni fa ‘mani pulite’ fu un golpe di esaltati

18 feb – L’ex ministro Guardasigilli Alfredo Biondi non e’ tenero con il pool di Mani pulite e con quanto comincio’ ad accadere esattamente venti anni fa, con l’arresto di Mario Chiesa: si e’ trattato di ”un piccolo golpe giudiziario’‘, condito da ”enfasi, esaltazione” e da un ”tam tam dei media” che oggi non abbiamo.

Biondi – senatore e deputato per molte legislature, piu’ volte ministro e vicepresidente della Camera, segretario del Pli nel 1985-1986, presidente del Consiglio nazionale di Forza Italia – affida all’Asca il suo ricordo sulla stagione di Tangentopoli. Una stagione vissuta in prima linea come ministro di Grazia e Giustizia del governo Berlusconi, da maggio ’94 a gennaio ’95. Durante l’incarico presenta quello che venne bollato come ‘decreto salvaladri’, un provvedimento che favoriva gli arresti domiciliari nella fase cautelare per la maggior parte dei crimini di corruzione. La minaccia di dimissioni in massa dei pm del pool Mani pulite e le massicce proteste degli italiani spinsero il Parlamento a non convertire in legge il decreto, che decadde.

D. Qual e’ il primo pensiero sull’inchiesta che le viene in mente?.

R. Fu un’inchiesta che ebbe dimensioni eccezionali.

Si verifico’ qualcosa di atipico, una frequenza cosi’ forte di misure custodiali – come si chiamano oggi – mai viste.

D. Perche’ prese questo sviluppo il lavoro dei pubblici ministeri?.

R. Prendo atto che il principio di allora era: prima in galera, poi vediamo. Si e’ trattato di una anormalita’, di un attentato al principio costituzionale della presunzione di non colpevolezza. Mi auguro che non si ripeta piu’.

D. Vede analogie con quanto sta accadendo oggi, con il riproporsi di fenomeni molto seri di corruzione?.

R. Premesso che la corruzione c’era anche al tempo di Cicerone, oggi ci sono certo i processi ma non c’e’ il tam tam dei media, l’esaltazione, la stessa enfasi di allora.

D. La ‘discesa in campo’ di Silvio Berlusconi, la nascita nel 1994 del suo primo esecutivo rappresentano una naturale evoluzione di quel periodo, con gran parte della classe politica sotto accusa?.

R. Ad una certa azione corrisponde una reazione di segno uguale e contrario. La nascita del governo Berlusconi, davanti alla semplificazione del problema del finanziamento dei partiti, fu di analogo livello. E’ stata chiaramente una reazione. Anche perche’ all’epoca i partiti si sovvenzionavano con questa specie di lasciti. Tutti. E non si capisce perche’ qualcuno sia rimasto senza conseguenze.

D. Come ha vissuto la contestazione da parte dei pm di Milano a quel suo decreto, definito da alcuni ‘salva ladri’?.

R. I giudici (chiamo cosi’ anche i pubblici ministeri) del pool di Mani Pulite con il loro volto pieno di sdegno, le barbe incolte, le cravatte slacciate hanno fatto un piccole golpe giudiziario. Hanno detto: il decreto non lo applichiamo. Un atteggiamento che crea qualche dubbio sul principio secondo il quale i magistrati sono indipendenti e soggetti soltanto alla legge. Ecco, forse non e’ cosi’, loro non sono soggetti alla legge. Il mio decreto e’ stato male interpretato nelle intenzioni. Era piuttosto ‘salva innocenti’. Ci sono rimasto male come persona.

D. Ad un certo punto l’azione dei magistrati continuava ad essere, a torto o a ragione, contro un vecchio sistema politico oppure l’obiettivo era diventato Silvio Berlusconi?.

R. A Napoli, con la notifica di un invito a comparire a Berlusconi mentre presiede, in qualita’ di presidente del Consiglio, una conferenza internazionale sulla criminalita’ organizzata, ho visto una realta’ devastante: una notifica a mezzo stampa, preannunciata da un giornale. Ma questi magistrati, mi chiedo, cosi’ bravi a indagare, come mai non hanno scoperto chi portava fuori dalla procura i documenti e li dava ai giornali?.

D. Cosa pensa di Antonio Di Pietro, uno dei magistrati di punta del pool di Mani Pulite?. R. E’ una forza della natura! Come lo e’ la sua carriera: una laurea ultrasonica, segretario comunale, poliziotto, magistrato. Una vitalita’ straordinaria dedicata con virulenza a questa battaglia. Da avvocato, da lui giudice non ho avuto una buona sensazione, anche se nei suoi confronti mai ho avuto malanimo ma solo antagonismo professionale.

D. Oggi Di Pietro, con la sua azione politica, cosa rappresenta?.

R. Rappresenta se stesso, e’ coerente con i suoi passati di poliziotto e pubblico ministero. E’ un accusatore della societa’. Molte cose che dice non mi piacciono e comunque e’ eccessivo, ma devo ammettere che a volte ha ragione. ASCA

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