Euro:”Ci hanno venduto una crosta per un quadro”

Ci avevano detto che l’ingresso nell’euro avrebbe assicurato al Paese il finanziamento del debito pubblico a tassi che non ci saremmo sognati, qualora fossimo rimasti fuori dalla sua magica area. Lo spread con il Bund ci dimostra che non è vero.

Ci avevano detto che non ci saremmo più potuti permettere svalutazioni competitive per facilitare le nostre esportazioni. Questo, purtoppo, è vero. Ma non abbiamo fatto alcunché per rendere più competitive le nostre aziende di fronte alla concorrenza globale. La modesta produttività ci
penalizza nei confronti dei concorrenti.

Ci avevano detto che l’ingresso nell’euro ci avrebbe obbligati a quelle riforme che non saremmo comunque riusciti a fare, qualora fossimo rimasti fuori dalla magica area. Siamo tuttora bloccati nella palude delle riforme mancate. In sostanza, cosa ha prodotto l’ingresso nell’euro per l’Italia? Quello che compravamo con le nostre mille lirette, lo abbiamo subito pagato un euro, pari a 1936,27 lire.

Senza scomodare i listini prezzi, riflettiamo soltanto sulla mancia che lasciavamo al barista dopo aver preso un caffè. Il debito pubblico viene ormai finanziato a tassi insostenibili per le nostre casse. Dove sono finiti gli adoratori della nuova moneta? Coloro che gonfiavano il petto dicendo:”L’ingresso nell’euro è una nostra vittoria!”. Ricordiamo Ciampi? Ricordiamo Prodi? Adesso siamo qui a riflettere se l’euro avrà o no un futuro. Discutiamo sulla estrema virtualità di una moneta priva di quasi tutto il necessario per essere la moneta di un popolo, che non esiste; di una Banca centrale, che non esiste; di una politica, che non esiste.

Non è il dipinto folle di un pittore folle, dopo una notte di follia. Il dipinto lo abbiamo visto realizzarsi, giorno dopo giorno, sotto i nostri occhi.
E, quasi tutti, abbiamo detto:”Che bel quadro! Che bravissimo pittore!”. Il “bel” dipinto non ha più acquirenti. Neanche al mercato delle pulci.-guglielmo donnini

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