Il miracolo economico cinese è stato possibile grazie alle riforme di mercato introdotte nel 1978 dal presidente Deng Xiaoping, che favorirono lâintegrazione della Cina nel mercato economico internazionale (culminate nel 2001 con lâingresso nel WTO) dopo decenni di completo isolamento. Pechino aprĂŹ lâeconomia agli investimenti stranieri, legalizzò la proprietĂ privata e nei campi smantellò le inefficienti comuni liberando manodopera a basso costo che presto si riversò nei centri urbani trovando lavoro nelle aziende private.
Nellâarco di poco tempo si diffusero numerose piccole e medie aziende â alcune a conduzione familiare â che producevano componenti per beni da esportare allâestero â specialmente in occidente. Questo processo subĂŹ unâulteriore accelerazione con le riforme del 1992 e 1994, che semplificarono la cornice legale e favorirono una maggiore decentralizzazione.
Tuttavia la rigiditĂ del sistema politico cinese, che pretende di controllare ogni settore economico del paese, rappresenta un ostacolo allo sviluppo; negli ultimi anni la diffidenza del governo cinese per il settore privato è in aumento. Nel 2004 ad esempio Pechino ha bloccato un progetto locale dalla Jiangsu Tieben Steel, compagnia siderurgica privata nella provincia di Jiangsu, per âaver violato le leggi sulla protezione ambientale e le politiche industriali stataliâ. Di fatto si è trattato di una mossa per tarpare le ali alla Tieben, colpevole di essere troppo âindipendenteâ agli occhi del governo centrale.
Da allora Pechino ha gradualmente ridotto lâappoggio alle imprese private (per lo piĂš compartecipate da amministrazioni o enti pubblici locali) ed ha canalizzato gli investimenti verso le aziende direttamente sottoposte al governo centrale.
La crisi finanziaria internazionale del 2008
Le politiche adottate dal governo cinese dopo la crisi del 2008 hanno privilegiato le grandi aziende statali a scapito delle piccole e medie imprese, che versano ormai in stato di crisi.
Il piano di stimolo varato da Pechino ha favorito i colossi statali nel settore petrolifero, ferroviario e delle telecomunicazioni e ha provocato unâespansione del settore statale a scapito di quello privato anche in altri ambiti â ad esempio nel settore immobiliare.
Con lâinasprimento della politica monetaria i privati non riescono piĂš ad avere accesso al credito delle banche â concesso per lo piĂš alle aziende statali che intrattengono stretti legami con il governo centrale â e sono costrette a ricorrere a prestiti âinformaliâ sul mercato nero a tassi dâinteresse spesso insostenibili.
La storia si ripete.
LâostilitĂ dello stato nei confronti del privato non è una novitĂ in Cina. Nella seconda metĂ del 1800 lâarrivo degli occidentali spinse la dinastia Qing â che governava il paese â ad aprirsi al mondo esterno. Allora il governo cinese, intenzionato a importare nuove tecnologie dallâoccidente per ammodernare lâeconomia, appoggiò un manipolo di imprenditori privati nella creazione di una sorta di âcapitalismo burocraticoâ guidato dalla casa regnante. Accanto a questo gruppo emerse però un secondo gruppo di imprenditori molto piĂš indipendenti, contrari allâeccessiva ingerenza dello stato nellâeconomia.
Quando nel 1911 i governatori Qing decisero di nazionalizzare le ferrovie servendosi di prestiti esteri, la situazione precipitò: buona parte del sistema ferroviario era stato finanziato da agricoltori che avevano reinvestito nelle strade ferrate i profitti delle vendite del grano. La nazionalizzazione generò unâondata di proteste che dal Sichuan si espanse a tutta la Cina e alla fine portò al crollo della dinastia Qing.
Whenzou, cittĂ dello Zhejiang (vedi mappa a lato), crebbe rapidamente dopo lâintroduzione delle riforme di mercato di fine anni â70, dopo la morte di Mao. Nellâarco di pochi anni grazie allâenorme disponibilitĂ di manodopera si svilupparono numerose industrie che producevano componenti o prodotti finiti ad alta intensitĂ di manodopera â calzature, tessuti, confezioni, elettrodomestici â per lâesportazione. Il modello di Wenzhou si diffuse rapidamente su scala nazionale.
La contrazione delle esportazioni dovuto al calo della domanda dei paesi occidentali dal 2008 in poi ha messo a nudo le debolezze di questo sistema, poco sostenibile perchĂŠ totalmente dipendente dai mercati esteri. I privati, incoraggiati dai governi locali, non potendo sviluppare ulteriormente lâindustria manifatturiera che anzi si contraeva, hanno investito in materie prime, prodotti agricoli e immobili, facendo triplicare nellâarco di pochi anni i prezzi degli immobili e alimentando una bolla speculativa che ora rischia di destabilizzare lâintera economia nazionale. Il piano di stimolo del 2008 ha ulteriormente aggravato la situazione, e la recente stretta monetaria, mirata a contenere lâinflazione, rischia di mandare in bancarotta numerose piccole e medie imprese.
A Wenzhou e in altri distretti industriali le imprese private si rivolgono al mercato finanziario âinformaleâ, non ufficiale, privato, non trovando piĂš credito dalle banche â tantâè che secondo stime ufficiose oltre lâ80% delle famiglie di Wenzhou sarebbe coinvolto in queste attivitĂ illegali.
La stretta monetaria e creditizia del governo centrale mira alla ristrutturazione delle industrie private inefficienti, ma non vuole provocare fallimenti a catena che causerebbero disoccupazione e instabilitĂ sociale. Per questo potrebbe decidere di nazionalizzarle e riformare poi il settore finanziario in un secondo momento.
Non sarĂ semplice nĂŠ rapido riconvertire un sistema economico mirato prevalentemente allâexport; leriforme potrebbero causare in una prima fase maggiore povertĂ e un aumento del malcontento popolare, che potrebbe mettere il crisi la leadership del partito.
Tratto da Cdf cura di Davide Meinero
