Hong Kong: divampano proteste contro la Cina appoggiate da Usa e GB

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3 set. – Il movimento pro-democratico di Hong Kong non si fermera’ e non tornera’ sui propri passi rispetto alla decisione di occupare pacificamente il distretto finanziario dell’isola. Lo ha dichiarato Benny Tai, uno dei leader delle proteste e tra i fondatori di Occupy Central, l’organizzazione piu’ attiva per la democrazia nell’ex colonia britannica.

Ieri, Tai aveva scioccato i manifestanti pro-democratici con dichiarazioni pessimistiche sul futuro politico di Hong Kong in cui affermava che il movimento aveva fallito nel tentativo di produrre un cambiamento politico nei vertici cinesi riguardo all’introduzione di norme elettorali pienamente democratiche nella citta’ in vista delle elezioni del 2017. Pechino nei giorni scorsi aveva fatto sapere che le prossime elezioni del capo di governo locale dell’ex colonia britannica si svolgeranno a suffragio universale ma con restrizioni nella scelta dei candidati e negli anni del mandato.

In un’intervista a un’emittente radiofonica di Hong Kong, Tai ha in parte smentito il messaggio di ieri dichiarando che il movimento democratico e’ entrato in una nuova era di disobbedienza civile, indicandola come un “risveglio civile”, e che si aspetta almeno diecimila partecipanti in occasione dell’occupazione di Central, il distretto finanziario dell’ex colonia britannica. Tai ha poi affermato che il movimento pro-democratico ha obiettivi di media-lunga durata, dai cinque ai dieci anni, come sottolineato ieri anche da un altro degli organizzatori, Chen Kin-man.

Il movimento pro-democratico ha intanto incassato il sostegno degli Stati Uniti che “danno il loro supporto al suffragio universale a Hong Kong in linea con la Basic Law e le aspirazioni del popolo di Hong Kong”, come dichiarato dalla portavoce del Dipartimento di Stato, Jen Psaki. La Basic Law e’ la costituzione di Hong Kong, fissata prima del ritorno alla Cina dell’isola, avvenuto nel 1997, in cui vengono assicurati i diritti dei cittadini dell’ex colonia e alla base della formula “un Paese, due sistemi” che regola il rapporto con Pechino.

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Nella giornata di ieri, il Ministero degli Esteri aveva ancora una volta ribadito la posizione del governo cinese sull’isola che considera come un affare interno, avvertendo che non avrebbe apprezzato interferenze. Il commento era diretto soprattutto alla Gran Bretagna che ha istituito una commissione di inchiesta sullo stato della democrazia a Hong Kong, giudicato da Pechino un atto “altamente inappropriato” da parte di Londra.

Sostegno alla causa dei manifestanti e’ arrivato anche da Taipei, dove il presidente di Taiwan, Ma Ying-jeou ha manifestato vicinanza al movimento pro-democratico nel perseguire “democrazia e stato di diritto per il popolo di Hong Kong” e ha auspicato che il governo cinese e quello di Hong Kong aprano un dialogo che tenga conto dell’opinione della maggioranza del popolo dell’isola.

Nelle ultime ore, oltre a Hong Kong, anche un’altra regione amministrativa speciale cinese, quella di Macao, ha manifestato il malcontento nei confronti del proprio leader. In un referendum on line compiuto tra i cittadini dell’ex colonia portoghese, circa il 90% dei partecipanti (poco meno di ottomila, su circa novemila totali) si e’ detta insoddisfatta della massima carica politica, Fernando Chui, amministratore delegato di Macao, rieletto domenica scorsa con una modalita’ non diversa da quella in vigore per le elezioni a Hong Kong, ovvero attraverso un comitato elettorale composto da 400 membri vicini a Pechino. AGI

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