
“Questo primo incontro con il Santo Padre per me e per l’organizzazione Unhcr è stato molto positivo e anche molto chiaro sulla questione rifugiati, migranti, movimenti di popolazione. Il Papa resta, come il suo predecessore, molto impegnato su questo e abbiamo discusso dell’importanza di questo impegno”.
E’ quanto riferisce ai media vaticani, l’Alto commissario Onu per i rifugiati, Filippo Grandi, ricevuto in udienza da Leone XIV con cui ha discusso anche della situazione a Gaza e in Cisgiordania.
“Abbiamo anche discusso – fa sapere Grandi – delle crisi che attraversano il mondo, dalla Palestina all’Ucraina, alle numerose crisi africane, al Myanmar in cui sono appena stato e così via. E anche le questioni diciamo di crisi migratoria in America Latina, che è un continente che il Pontefice conosce perfettamente. Quindi, è stato un incontro molto proficuo con il capo della Chiesa cattolica che ho sentito interessato, informato e impegnato”.
“Abbiamo discusso dell’impatto delle politiche di questa amministrazione – riferisce ancora Grandi sull’amministrazione del presidente americano Donald Trump – su questa questione e sulle organizzazioni come la nostra che se ne occupano. Ho riferito al Papa, su sua richiesta, circa l’impatto che per esempio sta avendo la riduzione molto consistente degli aiuti umanitari del governo degli Stati Uniti, non soltanto verso l’Unhcr, ma anche verso altre organizzazioni umanitarie, verso tutto il sistema degli aiuti. Riduzione che però, come ho chiarito al Papa – aggiunge – non è dovuta soltanto agli Stati Uniti, ma anche a molti Paesi europei come la Germania, la Francia, il Regno Unito, non l’Italia, ma altri Paesi europei hanno considerevolmente ridotto gli aiuti”.
“Abbiamo anche condiviso l’opinione – continua – che questa riduzione degli aiuti ha anche delle contraddizioni. Per esempio, i governi dei Paesi europei o gli Stati Uniti dicono che la pressione migratoria va ridotta. Però, se diminuiscono anche gli aiuti nei Paesi dove queste persone sono più numerose, è chiaro che ci sarà meno incentivo a restare dove sono e più movimento di popolazione”.
“Il diritto umanitario internazionale oggi – conclude – è attaccato a una flebo, che alcuni di noi cercano di mantenere aperta, ma che rischia di essere interrotta. È catastrofico”, “non solo per le popolazioni di Gaza o del Myanmar o del Congo, ma per tutti noi, perché una volta tolte quelle barriere, non c’è più limite alla violenza”. ANSA