In risposta all’articolo apparso su ImolaOggi il 7 luglio 2025 riguardo alla celebrazione della festa islamica dell’Ashura a Milano, è doveroso, come sacerdote cattolico, intervenire per offrire una riflessione non polemica, ma chiara e documentata, su come la fede cristiana – in particolare la Chiesa Cattolica – non solo non discrimini la donna, ma la valorizzi profondamente, a partire dalla liturgia, dalla teologia, e dalla sua stessa struttura spirituale e storica.
1. La liturgia: il cuore della fede cattolica onora prima di tutto una donna
Il Canone Romano, la più antica preghiera eucaristica della Messa, pone Maria, Madre di Dio, come primo nome dopo Cristo. Subito dopo, vengono menzionate dieci sante donne: Felicita, Perpetua, Agata, Lucia, Agnese, Cecilia, Anastasia… accanto ai martiri e agli apostoli. La centralità della donna nella fede non è marginale, ma costitutiva. Nessuna Messa, nessuna celebrazione cattolica, può prescindere da questa presenza.
Non si tratta di una formalità liturgica, ma di un atto di fede: Dio ha scelto di farsi uomo passando attraverso il grembo di una donna, e la Chiesa, in ogni Eucaristia, lo proclama. Nessuna religione pone una donna con un ruolo così alto: Maria è Regina degli Apostoli, Madre della Chiesa, Immacolata e Assunta in anima e corpo in cielo.
2. La Scrittura: la donna al centro dell’annuncio cristiano
Il Vangelo ci mostra Gesù che si relaziona con le donne in modo radicalmente nuovo per il suo tempo. Parla con la Samaritana, guarisce l’emorroissa, si lascia ungere dalla peccatrice pubblica, risorge e appare per primo a Maria Maddalena, che diventa “apostola degli apostoli”.
San Paolo, nella Lettera ai Galati (3,28), scrive:
«Non c’è più né uomo né donna, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù.»
La Chiesa riconosce questo principio non come un’astrazione, ma come verità teologica ed ecclesiale. Nella vita della Chiesa primitiva troviamo figure come Febe, diaconessa a Cencre, Priscilla, collaboratrice di Paolo, e tante altre donne protagoniste nella missione.
3. La tradizione e il Magistero: una visione integrale della donna
Il Concilio Vaticano II, nella costituzione Lumen Gentium, proclama Maria “figura della Chiesa”, “segno di consolazione e di sicura speranza”. Non come simbolo vuoto, ma come modello della piena realizzazione umana e cristiana.
San Giovanni Paolo II, nella Lettera Apostolica Mulieris Dignitatem (1988), afferma con forza che la donna possiede una “capacità unica di amore e accoglienza”, e che la maternità – biologica o spirituale – è un dono che manifesta la vocazione originaria dell’umanità. In quella stessa lettera, il papa denuncia ogni forma di violenza, sfruttamento e subordinazione femminile.
Scrive:
«Ogni violazione della dignità della donna è un’offesa a Dio stesso.»
E ancora, nella Lettera alle donne del 1995, lo stesso pontefice ringrazia tutte le donne – madri, figlie, lavoratrici, consacrate – per il loro contributo alla società e alla Chiesa.
4. Sante, Dottori della Chiesa e mistiche: protagoniste della fede
La Chiesa ha proclamato quattro donne Dottori della Chiesa: Santa Teresa d’Avila, Santa Caterina da Siena, Santa Teresa di Lisieux e Santa Ildegarda di Bingen. Tutte donne di fede profonda e intelligenza straordinaria, guidarono papi, re e popoli, senza mai rinunciare alla loro femminilità né al loro amore per Cristo.
Santa Caterina, donna analfabeta, riuscì a riportare il papa da Avignone a Roma. Santa Teresa riformò l’Ordine Carmelitano. Santa Ildegarda fu teologa, scienziata, musicista, predicatrice.
Non sono eccezioni: sono il frutto di una Chiesa che, pur nei limiti storici, ha sempre riconosciuto la forza e la bellezza della donna.
5. Conclusione: libertà vera, non ideologia
Nel mondo attuale, spesso si confonde la dignità della donna con l’omologazione o la cancellazione delle differenze. La Chiesa non ha mai detto che uomo e donna siano identici, ma che sono uguali in dignità, complementari nella vocazione, e uniti nel progetto di Dio.
Riconoscere il ruolo unico e insostituibile della donna nella fede cristiana – nella liturgia, nella santità, nella maternità, nella missione – significa affermare che la donna non è “da valorizzare” perché marginale, ma perché centrale.
Alla luce di ciò, ogni paragone con religioni o culture che impongono alla donna mutilazioni, sottomissioni, negazioni della libertà, deve essere fatto con onestà e senza ambiguità. La Chiesa non è perfetta, ma ha radici e frutti che hanno promosso la libertà della donna più di qualunque altro sistema religioso o sociale.
Per questo, non possiamo restare in silenzio. È tempo di smascherare la falsa narrazione secondo cui il cristianesimo sarebbe maschilista. La verità è sotto gli occhi di chiunque celebri una Messa: la prima a essere nominata dopo Cristo è una donna. E con Lei, milioni di sante, madri, consacrate, dottori, martiri.
Sono il volto femminile della santità. Il volto bello della Chiesa.
Don Andrea Tosca
Sacerdote della Diocesi di Milano
8 luglio 2025
Comitato “ Pro-life insieme “