Vaccini Covid, eccesso di scorte: case farmaceutiche irremovibili sui contratti

prima dose di vaccino Pfizer

Gli Stati membri dell’Ue hanno chiesto, “unanimi” alla Commissione Europea di rinegoziare i contratti siglati con le case farmaceutiche per la fornitura di vaccini contro la Covid-19, dato che, ora che l’emergenza pandemica appare alle spalle, si ritrovano con un eccesso di dosi rispetto alla domanda.
Alcuni Paesi si sono spinti fino a chiedere la pura e semplice cancellazione degli accordi. Ma le case farmaceutiche, forti dei contratti firmati con le capitali nel pieno della pandemia, non hanno mostrato la minima intenzione di rinegoziarli. E’ il quadro che la commissaria europea alla Salute Stella Kyriakides ha fatto nell’ultimo collegio dei commissari del 2022, il 13 dicembre scorso a Strasburgo, come emerge dal verbale della riunione, consultato dall’Adnkronos.

Kyriakides era reduce dal Consiglio Salute tenutosi la settimana prima a Bruxelles, nel quale il ministro Orazio Schillaci, in sessione pubblica, aveva rivelato un dettaglio dei contratti che non era noto, dato che la Commissione li ha pubblicati solo con omissis molto estesi. Il ministro aveva informato che gli Stati sono costretti, nel caso in cui un cittadino citi in giudizio una casa farmaceutica per un effetto collaterale del vaccino, a pagare le spese legali in cui incorrono i produttori, in pratica a pagare loro gli avvocati.

I contratti quadro, o Advanced Purchase Agreement (Apa in gergo), sono stati negoziati dalla Commissione in un periodo in cui la pandemia infuriava in Europa: si sapeva che la responsabilità giuridica di eventuali effetti collaterali era uno dei punti più delicati (gli omissis su quelle parti sono a ‘lenzuolo’, coprono quasi tutto).

La mancanza di trasparenza riguardo ai contratti ha esposto la Commissione a ripetute critiche, tanto che la presidente Ursula von der Leyen è stata recentemente citata in giudizio alla Corte di Giustizia Ue dal New York Times per i messaggi scambiati con l’ad della Pfizer Albert Bourla, che secondo l’esecutivo Ue sono stati cancellati. Ma, al di là della trasparenza che interessa più la stampa (e i cittadini), gli Stati hanno un problema più pressante: si ritrovano legati a contratti piuttosto onerosi, con i quali si sono impegnati ad acquistare dosi di vaccini in quantità che era molto difficile ‘dimensionare’ in modo adeguato, dato che l’evoluzione della pandemia era impossibile da prevedere. Pertanto, in Consiglio si sono fatti sentire con la commissaria.

La Commissione finora ha “scoraggiato cambiamenti unilaterali delle condizioni contrattuali che sono state già approvate”. Tuttavia, nota Kyriakides, “è vero che il mandato per la strategia vaccinale Ue viene in ultima analisi dagli Stati membri”. Sono gli Stati che decidono in materia di politica sanitaria, l’Ue ha competenze residuali. Pertanto, ha informato Kyriakides, la Commissione, attraverso la Health Emergency Preparedness and Response Authority (Hera), “ha lavorato con i Paesi membri e con i produttori di vaccini per alcuni mesi, nel quadro del comitato direttivo sui vaccini (Vaccine Steering Board), con lo scopo di allineare i contratti alla situazione attuale”. Tuttavia, ha constatato la commissaria, “i produttori di vaccini non sono disponibili a ridurre il numero di dosi, al momento”.
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