
DA MARCELLO VENEZIANI
Femministe di lotta e di denuncia, compagne di piazza e di corteo, parlamentari progressiste e radicali, combattenti antifasciste, antisessiste e attrici che considerate gli uomini âpezzi di merdaâ (senza porvi il problema che le loro madri dovrebbe essere della stessa materia di cui sono composti i loro figli), vi invito a fare una piccola ricerca in occasione dllâ8 marzo. Andate a scoprire chi era Maria Maddalena Rossi e dedicate a lei la festa della donna. Per aiutarvi nella ricerca vi dirò che aderĂŹ al Partito comunista quandâera ancora clandestina, fu arrestata dalla polizia fascista, mandata al confino, espatriata. Poi fu eletta nellâassemblea Costituente nel gruppo comunista, fece battaglie per la paritĂ dei diritti delle donne; fu parlamentare del PCI, sindaco, Presidente dellâUnione Donne Italiane. MorĂŹ novantenne nel â95. Insomma ha tutti i titoli per essere celebrata da voi.
PerchĂŠ vi parlo di lei? PerchĂŠ nel â52 aprĂŹ in unâinterrogazione parlamentare un capitolo scabroso e rimosso della Seconda guerra mondiale nelle vulgate storiografiche sulla liberazione: le marocchinate, ovvero le 25mila o forse piĂš donne italiane, soprattutto nel basso Lazio, stuprate, violentate dalle truppe marocchine venute a âliberareâ lâItalia con gli alleati. In Ciociaria, in particolare, fu uno scempio, di cui restò traccia molti anni dopo nel film La ciociara di Vittorio De Sica con Sophia Loren, tratto da un romanzo di Alberto Moravia. Donne stuprate, bambini violentati, piĂš di mille uomini uccisi per aver cercato di difendere le loro donne, madri, mogli, sorelle, fidanzate, figlie.
Nel dibattito parlamentare che seguĂŹ allâinterrogazione della Rossi venne fuori che il numero piĂš attendibile era di 25mila vittime, ma se si considera che il campo dâazione dei magrebini andava dalla Sicilia alla Toscana, il numero di 60mila marocchinate è considerato plausibile. Il pudore nel raccontare queste storie ne ha perfino ridotto la portata: si voleva tutelare col silenzio lâonorabilitĂ di quelle donne, e non sottoporle anche a una gogna umiliante. La responsabilitĂ oltre che dei soldati marocchini, fu dei vertici dellâesercito francese che dettero loro sostanziale impunitĂ e carta bianca, come un tribale bottino di guerra con diritto di preda. Non furono i soli, intendiamoci, in questa barbarie. Ma un fenomeno cosĂŹ vasto e quasi pianificato, su donne inermi che non avevano colpe, genera raccapriccio per la ferocia animalesca, piĂš una scia di aborti coatti, nascite segnate, famiglie distrutte. Una pagina rimasta in larga parte impunita e rimossa.
Vi risparmio le migliaia di storie strazianti e di interi paesi violentati, quando ormai il sud era âliberatoâ. Per chi voglia approfondire, rimando ai libri sulle marocchinate di Emiliano Ciotti, Stefania Catallo e di una francese dâorigine italiana, Eliane Patriarca. Un corposo e documentato dossier uscĂŹ alcuni mesi fa sulla rivista âStoria in reteâ di Fabio Andriola.
Ma volevo sottolineare che una donna comunista, leader delle donne in lotta, antifascista col fascismo imperante â non come i grotteschi militanti postumi dellâAnpi dâoggi â ebbe il coraggio e lâonestĂ di denunciare questo obbrobrio, che per ragioni di antirazzismo e antifascismo ora si preferisce mettere a tacere. Le stesse ragioni che portano a non scendere in piazza se una ragazza oggi è stuprata e uccisa da branchi di migranti. Come dimostra lo strazio di Pamela a Macerata, câè la sordina sul femminicidio se a compierlo sono migranti, per giunta neri. O dimenticare quelle donne violentate, rasate a zero e uccise solo perchĂŠ ausiliarie della Repubblica sociale o seviziate e uccise nelle foibe solo perchĂŠ italiane. La stessa omertĂ che accompagna il vergognoso racket di uteri in affitto, dove la dignitĂ della donna è venduta al capriccio danaroso di benestanti, spesso coppie omosex.
Magari scoprirete che persino il Pci sessista di quegli anni aveva piĂš donne rappresentative nei suoi ranghi rispetto al Pd femminista di oggi che non ha neanche mezza donna ai suoi vertici: non una tra i candidati alle primarie, non una tra i suoi premier e i suoi presidenti, non una tra i capi e capetti di questi ultimi anni, non un sindaco di una grande cittĂ . Il partito piĂš maschilista dâItalia.
Probabilmente la Rossi dovette vedersela anche allora con le reticenze dei suoi compagni, lo strisciante maschilismo del vecchio Pci e lâomertĂ storica e ideologica sulle pagine nere dei âliberatoriâ. Anche perchĂŠ ne avrebbero richiamato delle altre, per esempio gli eccidi nel Triangolo rosso. Ma noi volevamo indicare per lâ8 marzo alle boldrini dâoggi e alle femministe dâassalto o in odore di mimosa, una femminista verace, comunista e antifascista, che non si tirò indietro a raccontare le scomode veritĂ e le pagine nere della Liberazione.
Marcello Veneziani, La VeritĂ 7 marzo 2019
