Eâ la nemesi. Il Partito democratico va a morire come il Partito socialista nei giorni cupi di Mani Pulite. Il Pd, pur sempre erede di quel Pci che trovò scampo nella tempesta di manette della Procura di Milano, va a dissolversi in un mesto finale.
Ed è una nemesi. Senza la tragedia degli schiavettoni. E neppure â Dio ce ne scampi â le buste di plastica con cui i perseguitati in galera si toglievano la vita.
A coda di topo va a finire la squillante avventura di Matteo Renzi, con la cerca dei pizzini di Alfredo Romeo, un imprenditore, tra i sacchi di una discarica.
Non câè la bava di Arnaldo Forlani ma la reiterazione del mantra â âHo fiducia nella magistraturaâ â pronunciato dai Luca Lotti, dai Tiziano Renzi (e pure dal figlio Matteo) che rivela lâesatto contrario. Nessuno, soprattutto un innocente, può avere fiducia nelle disgrazie della giustizia.
Eâ la nemesi nei modi della voce dal sen fuggita. Il fuori onda di Graziano Delrio, âla crepa nella digaâ è un presagio.
Eâ la nemesi nella forma della consunzione. Non câè il rabbioso rancore degli Stati Uniti per Sigonella, Hillary Clinton non è alla Casa Bianca e la nuova Amministrazione â stac â stacca la spina al caro Matthew.
Ci sono solo nodi che arrivano al pettine, la severitĂ chiesta ad altri â come con Anna Maria Cancellieri, ministro del governo di Enrico Letta â non viene reclamata adesso.
Tutto torna e col Pd che si squaglia câè lâultimo pezzo di Novecento che se ne va.
A proposito di vendette. LâItalia, si sa, appende i propri eroi per i piedi oppure li scarica quando vengono a noia e voi dunque, dovendo scegliere, cosa fareste: offrire il petto alla raffica di monetine, come Bettino Craxi al Raphael, oppure abbaiare alla luna, come la Boschi che chiedeva agli altri ciò che â a proposito dei papĂ â non chiese a se stessa?
Eâ sempre lĂŹ: o lĂŹ o lĂ , è la sentenza di GiufĂ .
