di Emiliano Scappatura – S’avverte in Italia (e non vorremmo sembrare allarmisti), dove la superficialitĂ e l’ignoranza di una certa gioventĂą annoiata ama sempre sposarsi a battaglie ideologiche intrise di un sentimentalismo stantio, il ritorno di un clima che negli anni Sessanta preparò la strada a una stagione terroristica di lungo corso. Ne abbiamo visto, non so quanto esagerando, il prologo in diversi elementi.
In queste ubriacature terzomondiste e pacifiste, quali i deliri di massa per la Palestina (che poi sono di riflesso, ma qualcuno non lo nasconde neppure, a favore del terrorismo islamico). O tutta una frangia di intellettuali nei confronti di certe figure oscure (e in verità neanche tanto oscure) come Donatella Di Cesare o Francesca Albanese per citare solo quelle più osannate dai talk show che in questo sventurato paese rappresentano un connubio ormai consueto: quello tra l’intellettuale e il terrorista, per cui il criminale non è più semplicemente chi compie azioni delittuose ma una sorta di martire della libertà , un oppresso da giustificare e alla fine, scava scava, i veri colpevoli siamo noi.
E basterebbe leggere come una certa stampa di sinistra ha salutato la morte della brigatista Anna Laura Braghetti, facendola passare quasi con una simpatica massaia che ha speso la sua vita per gli altri, e quasi ti viene da farle una carezzina. Solo nei ritagli di tempo andava in giro ad ammazzare gente o a dar da mangiare a Moro che intanto era stato rapito in un bagno di sangue, ma sempre con fare amorevole. E ci riporta, noi che amiamo a leggere la storia non solo con il distacco dei manuali ma anche sui testi dell’epoca, a come quegli anni furono vissuti.
Quelli in cui questo paese visse nella continua tensione operata da certi studenti esaltati e ideologizzati. Una stagione di ubriacatura indirizzata da intellettuali complici in cui poi il nemico era sempre l’altro, cioè chi non si allineava alla loro battaglia ideologica e quindi poteva essere eliminato, spesso fisicamente. E quindi si iniziò a picchiare le forze dell’ordine che erano complici del sistema e si proseguì a sparare ai giornalisti, e molti rimasero per la strada, ma in fondo se lo erano meritato. Ma in tutto questo i fascisti, naturalmente, erano sempre gli altri, quelli di destra. Perché come aveva osservato (tra gli altri) Felice Platone, uno dei leader del pensiero comunista, il fascismo poteva venire solo dall’America, da quel tipo di società , e il suo canale di contagio in Italia era la Democrazia Cristiana (e Pasolini venne espulso dal partito perché aveva osato dissentire e dire che magari i proletari, in una famosa sassaiola all’università di Roma, erano proprio i poliziotti, mentre quelli che li prendevano a botte erano i rampolli di una borghesia ricca, annoiata e con il futuro assicurato).
Noi non crediamo, lo abbiamo sempre scritto, che la storia si ripeta. Come Guicciardini, immaginiamo che anche a porre le stesse premesse in altro contesto non si sa dove si andrà a finire. Però restiamo esterrefatti nel rivedere, alle stesse scadenze, le solite cose: la stessa stupidità a cottimo, la stessa ideologia radical chic, la stessa denigrazione dell’Occidente che gli permette quella libertà di cui parlano tanto male a favore di culture in cui basterebbe appena essere omosessuali o sfiorare un agente per finire in un carcere (ma uno serio, come quelli assaporati dai nostri connazionali che sono andati a combinar guai all’estero, e non quelle burlette occidentali). Segno che qui in Italia, alla fine, non si riesce a deglutire mai nulla e tutto riaffiora a scadenze continue.
Insomma, gli ingredienti ci sarebbero. Gli stessi intolleranti che accusano gli altri di intolleranza. Lo stesso culto della delinquenza, appena appena mascherato, ma si nota a malapena, da un filtro di falso perbenismo. Le stesse orde omologate che scendono per le piazze e, se vedono le forze dell’ordine, non vedono l’ora di menar le mani e di gridare all’oppressione (vorremmo vedere cosa farebbero se si trovassero davvero in un paese dove l’oppressione c’è sul serio: lì, siamo sicuri, questi burbanzosi che menano perché sicuri dell’impunità se la darebbero subito a gambe levate e lascerebbero le strade vuote in un paio di minuti).
Mancava, per completare il quadro, l’attacco contro i giornalisti. Ma ci stiamo arrivando. Il primo passo è giunto con l’irruzione nella redazione della Stampa a Torino mezza devastandola e lasciando, a mo’ di simpatico ricordo, scritte ingiuriose, qualche minaccia e, per non farsi mancare niente, un po’ di merda in giro che fa tanto chic. Più la richiesta di liberazione, già che c’erano, di un Imam propagandista dell’Islam ultraradicale promosso per l’occasione a combattente per la libertà , tanto per dare un movente ideologico all’azione (e mica siamo dei delinquenti noi: stiamo combattendo per la libertà , e vorrei dire).
Naturalmente, e ci mancherebbe altro, da sinistra è arrivata la condanna per l’episodio. Ma vorremmo fare osservare che questi sono in qualche maniera figli loro e non dei discoli a cui tirar le orecchie. E magari ipotizzare che della parte migliore della nazione, quella che riempie le strade con bandiere pacifiste e di alto sentire (dall’altro lato, è ovvio, ci sono solo fascisti, biechi sionisti e ogni altro squallido elemento) questi non rappresentano solo una frangia estremista che ogni volta vuole rovinar tutto, ma ne siano invece una più o meno piena espressione. E solo questo dubbio dovrebbe far riflettere questa sinistra opportunista se converrebbe smettere di cullare questo mondo finché, e speriamo ancora lo sia, gestibile.
Rossana Rossanda scrisse una volta dei Brigatisti, e l’intera sinistra si scandalizzò, che appartenevano all’album di famiglia. Che la loro era, insomma, una violenza domestica, da cui adesso una certa sinistra non poteva semplicemente discostarsi senza far finta di niente dopo averla a lungo cresciuta. “Sono veritĂ sgradevoli – scrisse – Non è detto che, nei momenti difficili, bisogna astenersi dal dirle”.
Vorremmo adesso che questa nuova sinistra fosse abbastanza onesta da guardarsi allo specchio e riuscire a riconoscersi. Perché se continua a coccolare le Flottille varie, le Albanese e le Di Cesare, i Lucano e le Salis varie e un certo massimalismo, poi a un certo punto non le basterà più fare il solito proclama di solidarietà contro la redazione di turno e di proclamare di discostarsi dalla solita testa calda che ha assalito questo o quell’altro. Scoprirà di essere stata, come sempre, un apprendista stregone che ha cresciuto un mostro che finché piccolo poteva anche sembrare simpatico ma, appena un po’ più adulto, la ha divorata.
Prof. Emiliano Scappatura

