Una studentessa dell’Università di Trento che fa parte del Consiglio studentesco dell’ateneo, Agnese Tumicelli, pubblica una foto su Instagram in cui indossa una maglietta con la scritta “Barbie Brigate Rosse”. Poi si scusa, ma intanto è già montata la polemica
La denuncia è, infatti, arrivata dal deputato e coordinatore regionale per il Trentino-Alto Adige di FdI, Alessandro Urzì, che ha portato il caso in Parlamento chiedendo provvedimenti all’Università. La studentessa, ha detto Urzì, “si è mostrata indossando magliette che mostrano la sigla delle Brigate Rosse, la stella a cinque punte odiosamente utilizzata come marchio per omicidi e attentati, ma come se non bastasse anche l’immagine della Renault 4 rossa che richiama l’omicidio del presidente Aldo Moro, ma ancora una pistola, un piede di porco, un passamontagna e addirittura l’immagine stilizzata di uno schermo tv in cui è ritratto il profilo dell’ostaggio prima della esecuzione”.
Le parole del rettore
Tumicelli ha incontrato il rettore Flavio Deflorian, con cui c’è stato un chiarimento: “Quello che abbiamo visto sui social non è accettabile, per di più da una persona che ricopre un ruolo istituzionale, e non è in linea con i valori della nostra Università”, ha commentato Deflorian, che ha appreso la notizia dalla stampa.
Le scuse della studentessa
“Non ho mai inteso fare apologia o anche solo satira sulle Brigate Rosse o sugli anni di piombo; condanno con forza ogni forma di estremismo e di violenza politica, da qualunque parte provenga. Non faccio parte di nessun movimento radicale o estremo, anzi, collaboro da sempre con un’associazione studentesca che si riconosce fieramente nei valori democratici. In queste ore ho ricevuto la fiducia e la solidarietà delle associazioni studentesche che compongono il Consiglio che presiedo. Li ringrazio. Ma questo non toglie che io debba assumermi la piena responsabilità del mio gesto. Ho sbagliato. Profondamente. E chiedo scusa”, ha scritto la studentessa.
Di offesa inaccettabile parla l’Associazione vittime del Dovere
“La memoria delle Vittime è sacra e non può essere in alcun modo oltraggiata, banalizzata e irrisa – ha detto Ambra Minervini, vicepresidente dell’Associazione Vittime del Dovere e figlia di Girolamo Minervini, magistrato, ucciso dalle Br il 18 marzo 1980 -. Questi gesti non sono espressione di libertà di pensiero, ma di una pericolosa glorificazione della violenza e di vilipendio della storia, e devono essere condannati senza esitazioni. Non è concepibile che a una persona che si rende protagonista di simili iniziative possa essere consentito di continuare a ricoprire ruoli di rappresentanza all’interno di un’istituzione educativa”.
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