Cara Saraceno la ‘famiglia naturale’ esiste, eccome!’

Chiara Saraceno

La sociologa Saraceno dice che la famiglia naturale così come la conosciamo non esiste, ma non è illegittima e non è neanche contro natura, bensì fuori dalla natura

di Ines Buonora – Nell’ultima settimana di maggio si è svolto a Reggio Emilia il Festival Nobìlita dedicato alla Cultura del Lavoro. Durante quell’evento la sociologa dottoressa Chiara Saraceno ha presentato il suo ultimo libro dal titolo “La famiglia naturale non esiste” nel quale affronta il rapporto tra lavoro e famiglia e gli odierni cambiamenti culturali che richiedono nuovi equilibri sociali. Tali interventi della sociologa ed il suo libro, hanno suscitato non poche perplessità e critiche sulla obiettività delle opinioni dalla stessa espresse, passateci come verità sociologiche inconfutabilmente scientifiche!

Io come altri, osservatori delle ideologie woke e della cancel culture (la cultura dell’eliminazione) che tenta da decenni di cancellare cultura, tradizioni e memorie dei popoli occidentali al fine di combattere le discriminazioni denunciate per propagandare l’inclusività che garantisca la parità di genere e delle minoranze, ho avvertito che gli interventi e il libro della sociologa altro non sono che un cavallo di Troia apparso nell’attuale scenario culturale al solo scopo di abbattere delle barriere sociali conservative dell’istituto della famiglia naturale. Destituire di fondamento e legittimità la famiglia naturale serve da prodromo per abbattere tutta la struttura sociale che su di essa si basa e si esprime verso l’alto fino alle più alte istituzioni democratiche, aprendo una finestra di Overton di larghe dimensioni.

Certo è noto che la sociologa Saraceno è stata tra le prime studiose ad occuparsi di femminismo, è stata sin dall’inizio un’attivista femminista ed ha partecipato a tutte le lotte portate avanti dalle femministe. Lei stessa si definisce attivista femminista, laica e di sinistra. È logico concludere che la sociologa, fedele al suo credo ideologico, come persona e professionista segua pedissequamente l’attuale politica del movimento trans-femminista internazionale che ha abbracciato la lotta del movimento STLGBTQIA+, portando così il proprio contributo alla causa. La sociologa ha ritenuto d’impartire dal palco del festival una lectio magistralis sulla famiglia naturale, destrutturandone in modo asettico e chirurgico il senso e il valore profondo, spacciando tali sue ammalianti opinioni per scienza e dunque veritiere e incontestabili. E per dare la prova di ciò basterà esaminare i passaggi salienti di questi suoi illuminanti interventi durante la presentazione del libro propaganda “La famiglia naturale non esiste”.

Ha sentenziato dal palco che: “per famiglia naturale, o tradizionale che dir si voglia, si intende quella formata da una 1 coppia eterosessuale legata da matrimonio, con una netta distinzione nei ruoli di genere e votata alla procreazione. Un modello che non esiste, ma che fatichiamo a “lasciar andare” perché è “come pensiamo di concepirla da sempre”: una tendenza non solo italiana dovuta al fatto che “la prima dimensione che conosciamo venendo al mondo è proprio quella familiare. È al suo interno che impariamo cosa sia una relazione. Ed è per quello ci sembra ‘naturale’”.

Nell’affermazione di sopra la sociologa esordisce dichiarando che la famiglia naturale tradizionalmente identificata con una coppia eterosessuale sposata e con figli in realtà non esiste ma è solo la proiezione della nostra identificazione nella realtà in cui nasciamo, e per questo sin dall’inizio la consideriamo naturale. Dire che questa affermazione è conformisticamente anti conformista, scontata e offensiva nei confronti degli esseri umani visti solo come il risultato dei condizionamenti ricevuti sin dalla nascita non mi sembra esagerato. Si intravvede anche il primo attacco e dis-conferma ‘professionale’ diretto alla famiglia tradizionale.

Dopo la prima scioccante dichiarazione la sociologa prosegue , recuperando un po’, con la seguente dichiarazione: “Ma dire che la famiglia naturale non esiste non significa negare la legittimità di questa forma di legame umano. Significa piuttosto riconoscere che non è un modello unico né universale: la storia e l’antropologia ci mostrano infatti che le società umane hanno sempre creato una grande varietà di forme familiari, e che perfino all’interno della stessa civiltà il concetto è cambiato ripetutamente, adattandosi ai contesti e ai bisogni del momento. Per fare un esempio, anche l’idea – che ci sembra ovvia – che la famiglia debba basarsi sull’amore e sulla libera scelta degli individui è, in realtà, recente”.

Con questa affermazione la sociologa premurosamente cerca di sostenere che nonostante la famiglia naturale non esista non è comunque illegittima – bontà sua! – ma è solo uno dei tanti modelli di famiglia che si sono succeduti in epoche e in luoghi diversi. A questa visione meramente progressista e politicamente corretta si può obiettare che il modello classico tradizionale di famiglia è sempre esistito ed è stato già definito da Aristotele “come la prima forma di associazione, alla quale seguono il villaggio, la città e lo Stato. Essa è una società naturale, poiché alla sua base vi è la necessità che l’uomo e la donna si uniscano per generare nuovi individui. La famiglia è l’associazione che spontaneamente si forma per soddisfare i bisogni essenziali della vita, e si articola secondo una struttura complessa e gerarchica”.

Tra i bisogni essenziali il filosofo comprendeva anche quelli di natura emotiva e affettiva. Ai giorni nostri l’antropologo G. Murdock definisce la famiglia naturale come “ un’isti–tuzione universale: seppure in forme diverse, esiste da sempre in ogni società. Studi condotti su duecentocinquanta tipi di società diverse, dai cacciatori–raccoglitori alle società industrializzate, rilevano tutti l’esistenza della famiglia nucleare, che costituisce il tipo fondamentale di organizzazione sociale, essendo formata da un uomo, una donna e la loro prole”.

Ma sul tavolo chirurgico asettico e freddo la sociologa mette anche le motivazioni interiori che sarebbero alla base della creazione della famiglia naturale, quella che le persone normali considerano come la libera scelta della compagna/o di vita, suscitata nella quasi totalità dei casi dall’innamoramento e dall’amore in seguito maturato per lei/lui. Lei liquida e deprezza i sentimenti e le connessioni animiche tra uomo e donna sostenendo semplicemente che anche questi non sono naturali e innati ma di recente realtà, cioè esistono da poco tempo. Fortunatamente la maggior parte delle persone, persone comuni, studiosi e ricercatori, non ideologicamente politicizzate come la sociologa la pensano diversamente da lei. Infatti, gli intellettuali liberi e indipendenti precisano che “così come il matrimonio o la convivenza non trasformano automaticamente due persone in una coppia, altrettanto la nascita di un figlio non necessariamente crea di per sé stessa dei genitori: l’unione tra due persone e la costituita famiglia non costituiscono semplicemente dei fatti sociali, ma rappresentano soprattutto degli stati emotivi” (T. Bonino, A. Urso). In tanti siamo consapevoli che anche gli uomini cosiddetti ‘primitivi’ si affidavano e seguivano le loro emozioni e sentimenti nelle scelte relazionali. Se così non fosse stato la specie umana si sarebbe estinta già da tempo. Se non avessero messo in campo sempre sentimenti ed emozioni si sarebbero soppressi tutti tra di loro. I fisici quantistici illuminati, così come le correnti spirituali antiche, sostengono che l’Universo è retto dall’Amore. L’Amore incondizionato è esso stesso la forma più elevata di evoluzione del Creato/Manifestato.

La sociologa prosegue: “Dunque, dire che la famiglia non è naturale non vuol dire che è contro natura; vuol dire che anche quella che pensiamo essere la famiglia naturale non sta nella natura, altrimenti vorrebbe dire che nella maggior parte della storia le persone si sono aggregate in famiglie contro natura”.

La tesi della sociologa comincia a contorcersi in un serie di affermazioni illogiche. Sostiene che la famiglia naturale così come la conosciamo non esiste, ma non è illegittima e non è neanche contro natura, bensì fuori dalla natura. Ma cosa significa essere fuori dalla natura? Ma cos’è per la sociologa la Natura? Credo che la sua idea della natura sia puramente didattica e culturale, non esperienziale e conoscitiva. Attualmente esiste la contrapposizione ideologica tra la Natura e la Cultura, intesa la prima non solo come “ il sistema totale degli esseri viventi, animali e vegetali, e delle cose inanimate che presentano un ordine, realizzano dei tipi e si formano secondo leggi” (Treccani) ma anche nel suo significato più popolare che tutto ciò che proviene dalla Natura è naturale, innato, a volte incomprensibile ma con uno scopo e manifestazione intelligente. Quando si dice che qualcosa è naturale significa che proviene ed è connaturato alla Natura, che esiste di per sé, a prescindere dall’intervento dell’uomo, che è precedente ad egli, anche se lui ne è una sua componente. Questa Natura naturale viene contrapposta al mondo artificiale creato dall’uomo, conformato in conoscenza e cultura condizionata e condizionante. Nel secolo scorso lo sviluppo della scienza della tecnica e della tecnologia hanno innescato dapprima la contrapposizione e poi la divisione tra Uomo e Natura, con delle conseguenza disastrose. L’Uomo in virtù delle conoscenze acquisite e del senso di onnipotenza maturato si è sentito legittimato a trasformare e dominare la Natura, piuttosto che continuare a vivere in armonia con essa. Credo che la sociologa aderisca a questa visione tecnologica della Natura, sottomessa alla volontà degli umani prima e dei transumani adesso.

Ma allora, se la famiglia naturale composta da coppia uomo e donna con prole non esiste in natura, ma non è neanche innaturale, bensì fuori dalla Natura, allora che cos’è? Risponde la sociologa che “la famiglia naturale è un’invenzione culturale”, e che tale invenzione è nata dalle religioni e dalle normative giuridiche “Sedimentandosi nelle pratiche, nei rapporti con le religioni e i regolamenti degli Stati, Quindi, prosegue “ciò che definisce l’appartenenza o meno alla famiglia cambia nel tempo”. E non solo nel tempo ma anche nei luoghi, perché la sociologa per legittimare la sua visione rammenta anche che “l’Europa è l’unico posto al mondo in cui da molto presto è prevalsa la famiglia monogamica seriale (una sola moglie per volta). In altre parti del mondo hanno prevalso per molto tempo le famiglie poliginiche (presenti anche nella Bibbia)”. Eda fedele femminista, oltre a mettere sullo stesso piano i valori dell’ideologia poligamica con quella monogamica, ne approfitta per dare un assist agli immigrati islamici che in Europa non hanno alcuna intenzione di integrarsi ma vogliono arrivare ad imporre la legge della sharia in Occidente, con tutte le disastrose conseguenze di rottura e perdita di identità che ne deriverebbero, anche per l’istituzione della famiglia. Lessi più di trent’anni fa che un imam islamico durante un’intervista aveva dichiarato: “ vi conquisteremo con i nostri ventri”. Non poteva mancare poi l’equiparazione delle coppie conviventi eterosessuali alle coppie omosessuali. Insomma, sembrerebbe per la sociologa che o tutte le forme di famiglia sono naturali o nessuna lo è. Chiosando le sue affermazione ripete che l’unica caratteristica comune a tutti i tipi di famiglie nel tempo e “che ha definito i confini della famiglia è stata la filiazione”.

Ho pensato che sia contraddittorio e incongruente che il mondo femminista e trans -femminista appoggi incondizionatamente gli immigrati islamici, stante l’aberrante condizione di sottomissione delle loro donne sottoposte alla legge della sharia e al potere patriarcale dell’uomo di vita e di morte su di loro. Penso inoltre a tutti i fatti di violenza perpetrati dalle ‘utili risorse’ e dagli ‘italiani di seconda generazione’ verso le donne occidentali, gli anziani e i bambini. Ma poi mi sono chiarita, e i conti sono tornati, perché l’intento femminista va oltre la famiglia di qualsivoglia genere. E questo è desumibile dalle conclusioni assunte dalla sociologa. “Ma arriveremo a “sacrificare il vincolo”, e dunque ad abolire il matrimonio e, in prospettiva, perfino la coppia? Per la sociologa già il termine ‘sacrificio’ richiama un debito che non potrà mai essere saldato, come sanno tutti coloro che si sono sentiti dire dai genitori e dai nonni che si sono sacrificati per loro. “Se qualcuno sacrifica se stesso per una relazione, la contropartita non sarà mai sufficiente. Che cosa può mai rispondere un figlio a un genitore che dice “mi sono sacrificato per te”? Dovrebbe dargli la propria vita in cambio. Anche questa è una relazione. Mi piace più l’idea che una relazione sia una responsabilità, un lavoro”. Ecco perché per Saraceno dovemmo valutare forme di relazione e legami basati sulla responsabilità, sui principi di libertà, uguaglianza e dignità personale, oltre alla cura reciproca” AdnKronos.

Ma cosa dice? Ma cosa vuole fare passare nella mente delle persone e dei giovani soprattutto? La famiglia naturale, a suo dire, è un costrutto culturale; quindi, può cambiare a nostro piacimento. La famiglia si deve basare sul senso di responsabilità e di accudimento reciproco e snobba il piano relazionale emotivo e affettivo. Forse questa signora ha dimenticato che il senso di responsabilità di cui parla nasce solo in seguito ad un impegno che la coppia sigla e secondo il quale l’uno si è innamorato dell’altro e insieme hanno concluso un patto d’amore prima ancora che di opportunità sociale e convenienza. Il suo rifiuto del senso di sacrificio spiega inoltre che la sua idea di famiglia è materialistica, non concepisce, la persona e la sociologa, che il sacrificio è un’attitudine naturale dell’essere umano che trova la sua apoteosi nella famiglia, dove il sacrificio non viene considerato come un ‘debito insanabile’ ma la realizzazione della più alta dimensione dell’Amore. Sembrerebbe alla sociologa che giustificare il sacrificio sotto l’egida dell’amore nella famiglia sia per la donna ingannevole e umiliante, perché sostiene che “la famiglia è un ambito di lavoro non remunerato che anche se molto spesso si concretizza sotto il “velo dell’amore” non è comunque “meno lavoro”.

Il vero problema oggi è che la famiglia naturale post moderna non è più riconosciuta e sostenuta, tutt’altro. Per destrutturare la società occidentale e sostituirla con forme straniere e arcaiche più facilmente asservibili, si deve iniziare con la prima e fondante società nucleare, quella composta di un uomo, una donna e dei figli. Il sociologo Talcott Parsons, già negli anni cinquanta, dichiarava a riguardo della famiglia che “Il quadro che ne deriva è quanto mai disorientante, la famiglia è come un’entità isolata, nata per soddisfare l’imperante sistema economico e dunque meno vincolata dagli obblighi parentali, più snella e dinamica per consentire la mobilità lavorativa, più ricettiva nei confronti della pubblicità e dei falsi bisogni, più consumista di beni materiali per soddisfare l’alienazione lavorativa e l’isolamento relazionale e affettivo”.

Cara dottoressa Saraceno è proprio vero che la conoscenza intellettuale molto spesso inquina i sentimenti e li imbriglia in gabbie ideologiche che non hanno niente di naturale e di umano. Molte volte restiamo feriti e capitoliamo sotto la scure dell’intelletto – che con l’intelligenza non ha alcuna similitudine – facciamo degli autogol e auto sabotiamo gli aspetti più belli della nostra umanità. Mi spiace che una donna e professionista della sua età, alla quale la scrivente è vicina cronologicamente, manifesti nell’attuale difficile momento storico un’arcigna saggezza degna delle migliori matrigne delle fiabe di Biancaneve e Cenerentola. Mi spiace che fin verso la vecchiaia non si riesca ad onorare la propria e altrui umanità, in ricordo di tutto l’amore che si è ricevuto e che si è donato. Le rammento che lo psicologo A. Maslow elencava i bisogni fondamentali di ogni essere umano a partire dai bisogni fisiologici e di sopravvivenza per approdare ai bisogni di auto realizzazione, ma solo attraverso la realizzazione prioritaria e indispensabile dei bisogni di sicurezza, di appartenenza, di protezione, di relazione, di affetto e di stima.

Le faccio i miei migliori auguri! E per migliore augurio non intendo di vivere oltre i cent’anni ma di vivere quel tempo che ancora vivrà sotto l’abbraccio dell’Amore, della Consapevolezza e della Compassione.
https://inesbuonora.wordpress.com

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