La Santa Sede “sfratta” un vescovo di 83 anni

Pachamama Bergoglio

di Nico Spuntoni – Tempi difficili per i vescovi con posizioni critiche. Dopo la rimozione d’imperio dalla guida della diocesi di Tyler di monsignor Joseph Edward Strickland e l’annuncio della privazione di casa e stipendio al cardinale Raymond Leo Burke, un nuovo vescovo si ritrova sfrattato per ordini dall’alto. Lui è monsignor José Luis Azcona Hermoso, nato a Pamplona ma vescovo per quasi 30 anni nella prelatura territoriale di Marajó, in Brasile. Fu Giovanni Paolo II a nominarlo nel 1987 e Francesco a “pensionarlo” a 76 anni nel 2016. Il presule spagnolo, dopo una vita trascorsa nella regione amazzonica, aveva criticato duramente l’Instrumentum Laboris del sinodo sull’Amazzonia del 2019 ed aveva condannato le cerimonie in Vaticano e a Roma che avevano visto protagoniste le statuette della Pachamama, vedendoci il “diavolo” e la “magia”.

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Cacciato a 83 anni

Ad 83 anni, dopo 36 anni trascorsi nello Stato brasiliano di Pará, monsignor Azcona Hermoso è stato invitato dalla nunziatura apostolica ad abbandonare la struttura religiosa presso cui risiede a Soure e di lasciare il territorio della prelatura. Il vescovo emerito, ordinato sacerdote a Roma nella Basilica di San Giovanni in Laterano a Roma in pieno Concilio Vaticano II, ha passato una vita da missionario al servizio delle popolazioni indigene divenendo anche vittima di minacce di morte per le sue denunce sull’eccessivo sfruttamento delle risorse ambientali e sul fenomeno della prostituzione femminile ed infantile.

Un pastore con l’odore delle pecore, secondo la definizione data da Francesco ad inizio pontificato, molto preoccupato per i riti amazzonici visti nei Giardini Vaticani e nella chiesa di Santa Maria in Transpontina con le statuete di Pachamama. A proposito del Sinodo sull’Amazzonia, Azcona Hermoso aveva giudicato severamente l’Instrumentum Laboris sostenendo che “i temi che circondano l’inculturazione del Vangelo in Amazzonia sono presentati in un contesto di immanenza, neo-pelagianesimo, livellando il Vangelo alle culture amazzoniche (indigene) ecclesiologicamente prive di fondamenti teologici e pastorali, con l’annullamento del Vangelo della salvezza”.

Nessuna spiegazione

Anche in questo caso, così come in quello del cardinale Burke a cui non è arrivata alcuna comunicazione ufficiale sulla perdita del cosiddetto piatto cardinalizio, non è stata fornita una motivazione del motivo per cui il rappresentante del Papa in Brasile abbia chiesto ad un vescovo di 83 anni di lasciare la residenza in cui passa la sua pensione in una terra dove ha svolto il ministero per quasi 40 anni. Non abbiamo ricevuto da Nunziatura alcuna notifica sulle motivazioni di tale richiesta e nemmeno dettagli. La Prelatura territoriale di Marajó ha emesso una nota in cui, confermando la notizia, ha espresso “rispetto, affetto e gratitudine per la storia di don José al Marajó, il suo apostolato e l’impegno per le lotte sociali e per i diritti umani nelle terre marajoara”.

L’amministratore diocesano, padre Kazimierz Antoni Skorki si è augurato che la nunziatura possa fornire informazioni sulla decisione “in modo da poter comprendere meglio”. In passato, però, situazioni simili che hanno coinvolto vescovi non allineati sono rimaste spesso senza una motivazione ufficiale. L’anziano vescovo, protagonista di una battaglia contro la pedofilia nella regione amazzonica e in prima linea anche contro il traffico di droga, è sostenuto da una parte importante dell’opinione pubblica locale che sta solidarizzando in queste ore con l’hashtag #SomostodosDomAzcona. Il presule missionario è anche uno dei vescovi che si è recato in pellegrinaggio privato a Medjugorje e vi ha riconosciuto pubblicamente la ricchezza dei frutti spirituali.
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