Il “copia-incolla” del giudice fa liberare il clan dei nigeriani

legge uguale per tutti

di Massimo Malpica – La maxi-retata era di quelle che fanno rumore: il 6 settembre, i carabinieri di Vicenza, coordinati dalla Dda di Venezia, avevano sgominato un presunto clan di trafficanti nigeriani, sequestrando anche 50mila euro in contanti, mezzo chilo di cocaina e un chilo e mezzo abbondante di eroina. Ma pochi giorni dopo, il tribunale del Riesame di Venezia aveva scarcerato dieci dei 29 arrestati con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga, tra lo stupore generale.

Stupore che si è trasformato in sconcerto ora che è arrivata la motivazione del Riesame. Che ha annullato l’ordinanza del gip di Venezia Luca Marini perché era, di fatto, un mero copia-incolla della richiesta di misure cautelari del pm. E così, 10 indagati del presunto clan sono tornati liberi. Da non credere, se non fosse tutto nero su bianco. L’ordinanza di custodia cautelare del gip, si legge nelle motivazioni del riesame, è «il frutto di un’opera di taglia e cuci’ della richiesta cautelare, come chiaramente evincibile dall’identità linguistica e grafica dei due atti in molteplici passaggi, dall’assenza di parti motivazionali autonomamente redatte dal Gip, nonché dalla presenza, nel testo dell’ordinanza, di numerosi refusi».

Insomma, ribadisce il Riesame, nel provvedimento del gip «non sono riscontrabili passaggi motivazionali che consentano di ritenere eseguita un’effettiva disamina, da parte del Gip, degli elementi probatori sottoposti alla sua attenzione». Come dire che non si può nemmeno capire se ha letto e analizzato gli elementi di prova che erano alla base della richiesta della procura. Naturale conseguenza di questa grave carenza, secondo il Riesame, è la decisione di dichiarare nulla l’ordinanza che aveva disposto l’arresto dei dieci cittadini nigeriani, che sono tornati quindi subito in libertà. Roba da sgranare gli occhi. Anche perché i rischi connessi alla già di per sé spiacevole pratica del copia-incolla il giudice avrebbe dovuto conoscerli bene.

Già nel 2012 era accaduto lo stesso a un suo collega napoletano, che aveva disposto la misura della custodia cautelare in carcere per due imputati accusati di traffico di stupefacenti. Solo che, per farlo, aveva plagiato la richiesta del pm. Copiandone 280 pagine su 300 senza nemmeno virgolettare la «maxi-citazione». Anche qui il Riesame aveva annullato il provvedimento del gip, e il caso era finito in Cassazione. Con la Suprema corte che a giugno 2012 aveva stabilito come al giudice delle indagini preliminari non fosse concesso un «copia-incolla» del genere, perché se l’ordinanza del giudice non contiene adeguati ragionamenti, non può essere il Riesame a supplire alle carenze evidenti del provvedimento. Ma dopo 11 anni quel «vizietto», a quanto pare, è ancora in voga. Per la gioia dei presunti spacciatori e per lo scorno di tutti gli altri.
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