Aborto, femministe: “Fuori la Chiesa dalle nostre mutande”

Aborto, femministe

di Francesca Galici – La democrazia a senso unico: questo è quello che sembrano pretendere le solite organizzazioni attiviste di sinistra con le loro manifestazioni. L’ultima in ordine di tempo è stata messa in scena da “Non una di meno”, il collettivo di femministe radicali che continuano a manifestare per il diritto all’aborto. Bisogna sempre considerare che nel nostro Paese l’aborto è un ‘diritto’ garantito per tutte le donne entro i 90 giorni dal concepimento grazie alle legge 194. Nonostante le accuse, l’attuale governo non ha mai ipotizzato l’abolizione di questa legge, ma da sinistra si continua a martellare con fake news che cercano di costruire una narrazione opposta. Nel loro mirino ora è finita la Chiesa in quanto istituzione, che come tale inneggia alla vita di tutti gli esseri viventi e non vede di buon occhio le pratiche di interruzione volontaria della gravidanza.

In un Paese realmente democratico questo sarebbe oggetto di discussioni e confronti mentre in questa società un pensiero orientato in maniera opposta a quanto da loro professato merita una manifestazione violenza. Ieri sera, un gruppo di attiviste di “Non una di meno” ha sfilato per le strade di Milano partendo dalla Darsena per raggiungere piazza Fontana e, quindi, l’Arcivescovado del capoluogo milanese. Nel loro percorso hanno protestato perfino contro la Santa inquisizione medioevale per “ricordare le nostre sorelle perseguitate, bruciate, sterminate dallo Stato-Chiesa”. Un sistema che nella loro ideologica radicale viene paragonato ai tempi moderni perché, a loro dire, “ancora oggi questo sistema processa i nostri corpi, eppure gli aborti, oggi come allora, non smettono di esistere”.

Rivendicazioni fuori dal tempo, come spesso accade quando di mezzo c’è l’associazionismo di sinistra, come dimostrano le rivendicazioni per Elvira Andrezzi, che si prostituiva in piazza Vetra prima di essere uccisa. “Dopo 110 anni non è cambiato niente, le sex workers non sono tutelate, e la prostituzione continua ad essere alla meglio un tabù, alla peggio uno stigma”, accusano ancora le attiviste.

Ma il clou della manifestazione si è svolto in piazza Fontana, dove le attiviste hanno lanciato la loro biancheria intima contro il palazzo dell’Arcivescovado. “Fuori la Chiesa dalle nostre mutande”, si legge in uno striscione affisso dalle attiviste, che dai loro social attaccano il “sodalizio di un governo fascista con il peggior fondamentalismo cattolico”. Parlano di ingerenza da parte della Chiesa e portano avanti slogan che arrivano direttamente dagli anni Settanta ma con cinquant’anni di ritardo: “Ma quale Stato, ma quale Dio, sul mio corpo decido io”. Slogan scanditi a tutta voce ma solo come mero strumento di propaganda, visto che l’Italia degli ultimi cinquant’anni ha normalizzato l’aborto. Ma, evidentemente, per queste attiviste esiste una sola democrazia, che è quella in cui tutti la pensano nello stesso modo, il loro.  www.ilgiornale.it

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